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Visualizzazione dei post da ottobre, 2025

La decadenza dei romani Sallustio

 La decadenza dei Romani (De Cat. con. 10-11) Nell’opera di Sallustio, l’archeologia occupa otto capitoli (dal 6 al 13) ed è divisa in due parti: una positiva (capitoli 6-9), che racconta i buoni costumi e la crescita della Roma antica, e una negativa (capitoli 10-13), che descrive le cause della sua decadenza. Nel capitolo 10, Sallustio individua l’inizio della rovina di Roma nella distruzione di Cartagine (146 a.C.). Dopo aver sconfitto tutti i nemici e conquistato il Mediterraneo, Roma non ha più avversari esterni da temere. Questo porta a un progressivo decadimento morale: l’ambizione prende il posto della concordia, l’avidità sostituisce la sobrietà, la falsità rimpiazza la lealtà. Lo Stato entra così in una fase di degrado inevitabile. Sallustio, seguendo una visione moralistica tipica della storiografia antica, non attribuisce il cambiamento a cause politiche o sociali (come l’incapacità della Repubblica di gestire un impero vasto e complesso), ma lo spiega come una consegue...

Usanze degli antichi Romani

 Versione in Latino  Traditum est nullum repudium inter uxorem et virum a condita urbe usque ad centesimum et quinquagesimum annum intercessissel Primus autem Spurius Carvilius uxorem sterilitatis causa dimisit. Qui, quamquam tolerabili ratione motus esse videbatur, reprehensione tamen non caruit, quia maiores nostri ne supiditatem quidem Überorum coniugali fidei praeponi debuisse arbitrabantur. Vini usus olim Romanis feminis ignotus fuit, ng scilicet in aliquod dedecus prola-berentur. Ceterum ut non tristis et horrida pudicitia feminarum esset, sed venusta, indulgenti bus maritis mulheres auro abundanti et multa purpura usae sunt et, quo formam suam concin-niorem efficerent, summa cum diligentia capillos cinere rutilaverunt. Quotiens vero inter virum et uxorem aliquid iurgi intercesserat, in sacellum deae Viriplacae, quod est in Palatio, veniebant Vet ibi, invicem locuti quae voluerant, contentione animorum deposita, concordes revertebantur. Dea nomen hoc a placandis viris fe...

Il discorso di Critognato

Brano De Bello Gallico : Il discorso di Critognato Cesare, nella sua campagna contro i Galli, mise in atto un abile e complesso assedio contro la città di Alesia . La città era situata in una posizione strategica, sulla sommità di un colle circondato da due fiumi e da altri tre colli, e i Galli credevano che questa posizione fosse sufficiente a garantirne la sicurezza. Cesare, però, dimostrò la sua abilità tattica costruendo una doppia linea di fortificazioni : Una fortificazione interna, progettata per attaccare la città; Una fortificazione esterna, destinata a respingere eventuali rinforzi che gli alleati di Vercingetorige avrebbero potuto inviare. I Galli avevano provviste sufficienti solo per 30 giorni , e alla fine del trentesimo giorno il frumento era terminato. Di fronte a questa emergenza, i capi della città si riunirono in assemblea per decidere il da farsi. In questo contesto, prese la parola Critognato , membro di una famiglia nobile dell'Alv...

Il verbo Mello in greco antico

 In greco antico esiste un verbo che racchiude il senso dell’attesa. Non descrive il futuro: lo anticipa, lo prepara. Quel verbo è μέλλω (méllō). Tra le forme verbali più suggestive della lingua greca, μέλλω significa “essere sul punto di”, “avere in animo di”, “stare per fare qualcosa”. Pur essendo morfologicamente un presente, il suo significato è proiettato in avanti: esprime un’azione imminente, sospesa tra l’intenzione e la realizzazione. Le grammatiche (Smyth §1864, Goodwin §1425) lo definiscono come il verbo dell’attesa, spesso riferito a un futuro prossimo. Il greco conosce anche un futuro semplice, μελλήσω (mellḗsō), ma è raro e tardo: la lingua classica non ne sentiva la necessità, perché μέλλω già contiene in sé l’idea di ciò che sta per accadere. Questo verbo introduce l’infinito, che ne completa il significato: μέλλω ζῆν — “sto per vivere” μέλλω θαρρεῖν — “sto per trovare coraggio” μέλλω ἀποθανεῖν — “sto per morire” Platone, nel Timeo (28a), scrive: «Πᾶν ὃ μέλλει γενήσ...