Nemesi, nella mitologia greca, era la dea che si occupava di distribuire la giustizia. Il suo nome deriva dal verbo greco "nemo", che significa “dividere”, “assegnare” o “punire”. Il suo compito era mantenere l’equilibrio nel mondo. Se qualcuno agiva con arroganza o rompeva l’ordine naturale delle cose, Nemesi interveniva per punirlo e ristabilire l’armonia. Oggi, al posto di “nemesi”, si usa spesso la parola “karma”, che viene dalla filosofia indiana. Il karma è una legge che dice che ogni azione ha una conseguenza: se fai del bene, ricevi del bene; se fai del male, ne subisci gli effetti. Nemesi e karma sembrano simili, ma c’è una differenza importante: - Il karma premia e punisce in base alle azioni. - Nemesi, invece, è più severa: punisce chi si comporta male, soprattutto chi è arrogante o si crede superiore. Infine, mentre Nemesi è una dea, quindi una figura personale, il karma è un principio impersonale che vale per tutti gli esseri viventi.
Pompei, Anno 79 d.C. Il cielo sopra Pompei si oscura, il Vesuvio esplode con furia primordiale. In poche ore, la città viene inghiottita da una pioggia rovente di cenere e lapilli. Le strade si svuotano, le case crollano, l’aria diventa veleno. Più di duemila vite si spengono in quel giorno tragico. Alcuni vengono travolti dalle macerie, altri soccombono ai gas letali. Ma proprio quella cenere, che uccide, finisce per conservare. Solidificandosi, crea impronte nel vuoto: sagome lasciate dai corpi in decomposizione, come stampi del dolore. Secoli dopo, nel XIX secolo, un uomo cambia la storia dell’archeologia. Giuseppe Fiorelli, mente brillante e visionaria, comprende il potenziale di quelle cavità. Vi versa gesso liquido, e ciò che riemerge è sconvolgente: figure umane, congelate nell’ultimo gesto, nell’ultimo pensiero. Nascono così i celebri calchi di Pompei: sculture involontarie che raccontano la fine, ma anche la vita. Oggi ne conosciamo oltre cento, ciascuno con la sua ...