(II)...
[2] Neque vero haec Dionysium fugiebant; nam quanto esset sibi ornamento, sentiebat. Quo fiebat, ut uni huic maxime indulgeret neque eum secus diligeret ac filium;
2 qui quidem, cum Platonem Tarentum venisse fama in Siciliam esset perlata, adulescenti negare non potuerit, quin eum accerseret, cum Dion eius audiendi cupiditate flagraret. Dedit ergo huic veniam magnaque eum ambitione Syracusas perduxit.
3 Quem Dion adeo admiratus est atque adamavit, ut se ei totum traderet. Neque vero minus ipse Plato delectatus est Dione. Itaque cum a tyranno crudeliter violatus esset, quippe quem venum dari iussisset, tamen eodem rediit eiusdem Dionis precibus adductus.
4 Interim in morbum incidit Dionysius. Quo cum gravi conflictaretur, quaesivit a medicis Dion, quemadmodum se haberet, simulque ab his petiit, si forte maiori inesset periculo, ut sibi faterentur: nam velle se cum eo colloqui de partiendo regno, quod sororis suae filios ex illo natos partem regni putabat debere habere.
5 Id medici non tacuerunt at ad Dionysium filium sermonem rettulerunt. Quo ille commotus, ne agendi esset Dioni potestas, patri soporem medicos dare coegit. Hoc aeger sumpto ut somno sopitus diem obiit supremum.
(III) Tale initium fuit Dionis et Dionysii simultatis, eaque multis rebus aucta est.
Tratta da Cornelio Nepote, Storie, Vita di Dione, 2, 2-5, 3
Traduzione
(II)
E in verità queste doti (lett. cose) non sfuggivano a Dionisio: infatti capiva quanto ciò fosse di decoro per lui. E da ciò conseguiva che con lui solo fosse enormemente accondiscendente e che lo amasse non diversamente da un figlio;
2 e lui certamente, quando fu resa nota in Sicilia la notizia che Platone era venuto a Taranto, egli non potè negare al giovane di invitarlo, dato che Dione ardeva dal desiderio di ascoltarlo. Gli diede dunque il permesso e lo fece arrivare a Siracusa con grande pompa.
3 E Dione lo ammirò e amò tanto che gli si affidò completamente. E non meno in verità Platone si compiacque di Dione. E così sebbene fosse stato crudelmente oltraggiato dal tiranno, che aveva ordinato che forse messo in vendita, tuttavia ritornò nel medesimo luogo spinto dalle preghiere dello stesso Dione.
4 Nel frattempo Dionisio cadde ammalato. Ed essendo travagliato da un grave male, Dione chiese ai medici come egli stesse e nello stesso tempo chiese loro, se si trovasse in più grave pericolo, che glielo dicessero: voleva infatti parlare con lui sulla spartizione del regno, poiché riteneva che i figli di sua sorella, nati da lui, dovessero avere una parte del regno.
5 I medici non tacquero su ciò e riferirono il discorso al figlio Dionisio. Ed essendosi egli turbato, affinché Dione non avesse (dativo di possesso: a dionr non fosse) possibilità di agire, obbligò i medici a dare un narcotico al padre. Assunto cio il malato, assopitosi e andi incontro all'ultimo giorno.
(III)
Questo fu l'inizio della rivalita tra Dione e Dionisio che fu accresciuta da molti eventi.
[2] Neque vero haec Dionysium fugiebant; nam quanto esset sibi ornamento, sentiebat. Quo fiebat, ut uni huic maxime indulgeret neque eum secus diligeret ac filium;
2 qui quidem, cum Platonem Tarentum venisse fama in Siciliam esset perlata, adulescenti negare non potuerit, quin eum accerseret, cum Dion eius audiendi cupiditate flagraret. Dedit ergo huic veniam magnaque eum ambitione Syracusas perduxit.
3 Quem Dion adeo admiratus est atque adamavit, ut se ei totum traderet. Neque vero minus ipse Plato delectatus est Dione. Itaque cum a tyranno crudeliter violatus esset, quippe quem venum dari iussisset, tamen eodem rediit eiusdem Dionis precibus adductus.
4 Interim in morbum incidit Dionysius. Quo cum gravi conflictaretur, quaesivit a medicis Dion, quemadmodum se haberet, simulque ab his petiit, si forte maiori inesset periculo, ut sibi faterentur: nam velle se cum eo colloqui de partiendo regno, quod sororis suae filios ex illo natos partem regni putabat debere habere.
5 Id medici non tacuerunt at ad Dionysium filium sermonem rettulerunt. Quo ille commotus, ne agendi esset Dioni potestas, patri soporem medicos dare coegit. Hoc aeger sumpto ut somno sopitus diem obiit supremum.
(III) Tale initium fuit Dionis et Dionysii simultatis, eaque multis rebus aucta est.
Tratta da Cornelio Nepote, Storie, Vita di Dione, 2, 2-5, 3
Traduzione
(II)
E in verità queste doti (lett. cose) non sfuggivano a Dionisio: infatti capiva quanto ciò fosse di decoro per lui. E da ciò conseguiva che con lui solo fosse enormemente accondiscendente e che lo amasse non diversamente da un figlio;
2 e lui certamente, quando fu resa nota in Sicilia la notizia che Platone era venuto a Taranto, egli non potè negare al giovane di invitarlo, dato che Dione ardeva dal desiderio di ascoltarlo. Gli diede dunque il permesso e lo fece arrivare a Siracusa con grande pompa.
3 E Dione lo ammirò e amò tanto che gli si affidò completamente. E non meno in verità Platone si compiacque di Dione. E così sebbene fosse stato crudelmente oltraggiato dal tiranno, che aveva ordinato che forse messo in vendita, tuttavia ritornò nel medesimo luogo spinto dalle preghiere dello stesso Dione.
4 Nel frattempo Dionisio cadde ammalato. Ed essendo travagliato da un grave male, Dione chiese ai medici come egli stesse e nello stesso tempo chiese loro, se si trovasse in più grave pericolo, che glielo dicessero: voleva infatti parlare con lui sulla spartizione del regno, poiché riteneva che i figli di sua sorella, nati da lui, dovessero avere una parte del regno.
5 I medici non tacquero su ciò e riferirono il discorso al figlio Dionisio. Ed essendosi egli turbato, affinché Dione non avesse (dativo di possesso: a dionr non fosse) possibilità di agire, obbligò i medici a dare un narcotico al padre. Assunto cio il malato, assopitosi e andi incontro all'ultimo giorno.
(III)
Questo fu l'inizio della rivalita tra Dione e Dionisio che fu accresciuta da molti eventi.
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