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Sallustio Vita e opere


Vita di Sallustio
Nato nell'86 a.C. ad Amiterno, in Sabina, da ricca famiglia, Sallustio fu un giovane inquieto e frequentò gente importante Romana. Poi si dedicò alla politica, dalla parte dei polulares, contro l'oligarchia senatoria.  Fu tribuno della plebe nel 52, e si scontrò con Milone, uccisore di Clodio, e col suo difensore Cicerone, per cui nel 50 fu accusato di immoralità dagli oligarchi e espulso. Infatti, aveva commesso adulterio con la moglie di Milone, che poi lo aveva fatto frustare e lo aveva costretto a risarcirlo con una somma di denaro. Pertanto, Sallustio appoggiò Cesare durante la guerra contro Pompeo; e proorio grazie Cesare, egli venne riammesso nel Senato e divenne Pretore. Nel 46, dopo la vittoria di Cesare a Tapso, in Africa, ottenne il governo della Numidia e ne approfittò per arricchirsi e costruire a Roma la lussuosa villa detta Horti Sallustiani, dove si ritirò a vita privata, in seguito all'accusa di concussione e alla morte di Cesare. Sallustio si dedicò per un decennio all'attività di storiografo, e morì a circa cinquant’anni nel 35 o nel 34 a.C.
Il De coniuratione Catilinae
La prima opera di Sallustio, il De coniuratione Catilinae, fu scritta subito dopo la morte di Cesare, dal 43 al 40 a.C. È una monografia storica dedicata alla ribellione di Catilina, un nobile privo di pregiudizi, che dopo aver percorso parte del cursus honorum e aver tentato ripetutamente di ottenere il consolato, era stato cacciato per il suo populismo e la sua violenza. Approfittando dell'assenza di Pompeo, impegnato in Oriente, nel 63 a.C. Catilina decise di armarsi e ribellarsi sfruttando il malessere provocato tra il popolo dalla dittatura di Silla. Scoperta la congiura grazie a una denuncia, il console Cicerone arrestò i responsabili e li fece giustiziare senza dare loro il diritto di appello al popolo previsto per la condanna a morte di cittadini. Catilina, raggiunto Manlio in Etruria a capo di un esercito, morì combattendo coraggiosamente nella battaglia di Pistoia.
CAPITOLI E TEMI DEL DE CONIURATIONE CATILINAE
1-4 Proemio. Sallustio spiega perché ha deciso di dedicarsi alla storiografia.
5 Ritratto di Catilina.
6-13 'Archeologia': la storia passata di Roma, differenza tra il mos maiorum dell'antica repubblica e l'attuale decadenza
14-17 I complici di Catilina. Catilina recluta fannulloni, spendaccioni, delinquenti e giovani attratti dai facili guadagni.
18-19 La cosiddetta 'prima congiura'. Dal 66 Catilina aveva partecipato a un complotto per uccidere i senatori, ma aveva fallito.
20-22 Discorso di Catilina e accordi tra i congiurati per chiedere il loro sostegno nella candidatura al consolato per l'anno 63.
23-25 Catilina viene sconfitto nelle elezioni consolari per il 63 da Cicerone. Catilina prepara la congiura e manda il suo luogotenente Manlio a Fiesole per organizzare la rivolta armata.
26-29 Catilina perde nelle elezioni consolari per il 62. Attentato a Cicerone. Il senato emette il senatus consultum ultimum, che da pieni poteri a Cicerone.
30-32 Ci sono rivolte in varie parti d'Italia, Catilina si presenta in senato l'8 novembre del 63 e Cicerone lo attacca con la I Catilinaria. Catilina fugge da Roma e raggiunge Manlio in Etruria, mentre i congiurati Lentulo e Cetègo preparano altri attacchi.
33-35 Lettere di Manlio e di Catilina. Manlio scrive al generale Marcio Re, inviato dal senato, una lettera in cui spiega le ragioni dei ribelli. Catilina scrive all'amico Catulo per spiegare le ragioni della sua partenza da Roma e chiede di tutelare sua moglie Orestilla.
36-39 Excursus etico-politico. Sallustio descrive le tristi condizioni dello Stato e analizza le ragioni per cui il popolo romano, in miseria e pieno di debiti e vittima delle lotte tra i partiti, aveva appoggiato Catilina.
40-49 Tradimento dei legati allobrogi e arresto dei congiurati. I congiurati cercano l’appoggio degli allobrogi, ma essi riferiscono tutto a Cicerone, il quale riesce così ad avere le prove della colpevolezza dei congiurati e li fa arrestare.
50-54 Seduta senatoria del 5 dicembre 63: processo e condanna a morte dei congiurati. Cesare sostiene l'illegalità della condanna a morte e propone pene più, ma Catone illustra la minaccia allo Stato e propone la pena capitale: il senato accetta.
55. I congiurati vengono giustiziati nel carcere Tulliano.
56-61 Catilina cerca di resistere all'esercito governativo, ma muore eroicamente nella battaglia nei pressi di Pistoia.
Il Bellum Iughurtinum
È una monografia, scritta dopo la morte di Cesare, forse nel 40 a.C., e tratta della guerra combattuta tra il 111 e il 105°.C. contro il re della Numidia, Giugurta, che, dopo aver sottratto il regno ai cugini Aderbale e Iempsale, aveva causato rivalità a Roma tra populares e oligarchia senatoria:
- i ceti popolari e mercantili, volevano una guerra che permettesse un’espansione commerciale;
- il senato aveva avuto tolleranza nei confronti della sua colpevolezza, in cambio dell’oro del re. Secondo Sallustio, ciò dimostrava la corruzione e la debolezza del senato e la possibilità di un cambiamento grazie alla parte democratica, es. Mario, l'homo novus vittorioso. Anche qui Sallustio accusa il mos partium et factionum, «costume dei partiti e delle fazioni» cioè la lotta tra partiti.
CAPITOLI E TEMI DEL BELLUM IUGURTHINUM
1-4 Proemio. Riflessioni sulla natura umana e sullo stare lontano dalla politica.
5-16 Antefatto. La spartizione del regno di Numidia tra Giugurta e Aderbale.
17-19 Excursus geografico ed etnografico sull’Africa.
20-40 Le prime due campagne di guerra. Corruzione di Calpurnio bestia.
41-42 Excursus sul «costume dei partiti e delle fazioni». L’avidità dei nobili e la miseria della Plebe stanno distruggendo Roma.
43-62 Altre campagne di guerra. Metello in Numidia e assedio di Zama. Successi.
63-94 Le campagne di Mario. Dal 107 al 105 Mario insegue Giugurta e il suo alleato Bocco, re della Mauritania.
95-114 La fine di Giugurta. Mario e Silla ottengono da Bocco la consegna di Giugurta.
Le Historiae
Opera quasi totalmente perduta, abbiamo solo quattro discorsi e due lettere. Trattava, in cinque libri, gli eventi dalla morte di Silla (78 a.C.) al 67 a.C., continuando l'opera di Cornelio Sisenna.
La.lettesa più nota è quella in cui Mitridate., re del Ponto, cerca di convincere Arsace, re dei parti, a unirsi contro i romani. In essa Sallustio parla della propaganda antiromana e antimperialistica, diffusa nella parte orientale dell'impero. La lettera è ricca del pessimismo di un uomo che assisteva impotente alla sofferenza della repubblica: Sallustio invita a pensare agli aspetti morali della conquista, disprezza il malgoverno e lo sfruttamento delle province e parla del suo timore di una ribellione da parte dei regni orientali, appoggiati dai parti.
LE OPERE DUBBIE
Quintiliano (nella Institutio oratoria) attribuisce a Sallustio una Invectiva in Ciceronem (Invettiva/attacco contro Cicerone), ritenuta falsa da molti critici, e due Epistulae ad Caesarem senem de re publica (50 e 46 a.C.), in cui dà consigli (precetti) sul buon governo e sull'opportunità di bloccare la corruzione limitando il potere oligarchico.
La prospettiva politica
La figura di Sallustio è segnata dalla crisi profonda che c’era a Roma e che, dopo le guerre civili, “vide il passaggio dalla repubblica al principato”. Da adolescente aveva vissuto gli anni delle conseguenze del regime di Silla, il tentativo di ristabilire l'autorità del senato con misure drastiche, inefficaci o addirittura pericolose per l'avvenire. Dei provvedimenti assunti da Silla, la deposizione del tribunato della plebe fu cancellata in un decennio, ma il potere attribuito agli eserciti, la proscrizione (espulsione) degli avversari politici, i metodi dittatoriali furono misure gravissime, che influenzarono tragicamente gli ultimi decenni della repubblica. La costituzione di Silla aveva tamponato le numerose falle (rotture) del governo oligarchico, che si rifiutava di aprire il senato ai ceti emergenti, e aveva provocato la proletarizzazione dei piccoli proprietari, aveva motivato un'amministrazione improduttiva e corrotta. Sallustio spesso nel De coniuratione Catilinae afferma che che le conseguenze del regime sillano erano l'inizio della degenerazione della sua epoca. Dopo il 70, Pompeo e Crasso, ottenuto il consolato, demolirono la riforma sillana e ristabilirono il potere dei tribuni. Sallustio dice che la colpa della radicalizzazione della lotta politica al redime dei partiti, la principale causa di malessere.

Nel 63 a.C. ci fu la congiura di Catilina, nel 58 Cicerone fu esiliato, poi ci furono gli atti terroristici e gli scontri armati di Milone e Clodio, nel 52 Clodio fu ucciso, nel 49 ci fu la marcia di Cesare su Roma e nel 48 la battaglia di Farsàlo e quindi la dittatura a vita di Cesare. Dopo la morte di Cesare, Sallustio rimase isolato, privo di legami e rifletté la crisi della repubblica e velatamente attacca anche il giovane Ottaviano e le sue azioni malvage. L’opposizione tra optimates e populares era dovuta al fatto che gli optimates volevano conservare i propri privilegi, mentre i populares ceravano l'appoggio del popolo per conquistare il potere e non per aiutare il popolo. Sallustio scelse di schierarsi con i populares e con Cesare, in cui vedeva l'uomo in grado di salvare lo Stato dal malgoverno del senato. Nel Bellum Iugurthinum, descrive la corruzione e l'inadeguatezza del senato come i principali motivi di instabilità della res publica. Nel De coniuratione Catilinae dice che per sconfiggere lo strapotere del senato non serviva la congiura ideata da Catilina, ma il moderatismo sociale di Cesare, basata sul rispetto della legge e della proprietà privata, sulla difesa dei proprietari, cercando un accordo fra i vari ceti attraverso la clementia. La fortuna di Sallustio fu legata al successo di Cesare, ma Sallustio rimase in parte deluso da lui per aver dato troppo potere all'esercito, e soprattutto perché Cesare si era trasformato nel padrone di Roma.
La «solitudine» di Sallustio
Italo Lana parla della «solitudine» di Sallustio, in quanto egli già prima della morte di Cesare si ritirò definitivamente dall'attività pubblica, rassegnandosi. Nelle due monografie, egli appare sempre più dubbioso (scettico) sul futuro di Roma. Nel Bellum lugurthinum collega conflitti esterni e conflitti interni. Giugurta nel Bellum lugurthinum e Mitridate nelle Historiae, seppur entrambi sconfitti, rappresentavano esempi di nemici esterni futuri che avrebbero potuto attaccare l'impero.
La scelta di scrivere storia contemporanea
Sallustio giustifica, nei proemi delle due monografie, la scelta della storiografia. Per il cittadino romano era più importante costruire la storia con la politica piuttosto che scrivere storia, ma nel suo secolo non era più possibile dedicarsi totalmente allo Stato, e l'uomo si era allontanato dalla vita pubblica. Il cittadino viveva in un’epoca di malessere, a causa della lotta per il potere da parte di singole personalità. Sallustio scelse allora di separare lo scrivere storia dal fare storia, dando così al genere storiografico una diversa rotta.
La lingua e lo stile
Lo stile sallustiano si contrappone alla simmetria e alla concinnitas ciceroniana: Sallustio usa una prosa asimmetrica e disarticolata, segue il modello dello storico greco Tucidide e quello romano di Catone il Censore e la poesia epica arcaica, e rifiuta i ritmi puramente riempitivi. I più vistosi procedimenti espressivi sallustiani sono:
■ la brevitas: cioè la concentrazione espressiva, usa molte ellissi (omissioni di parti del discorso non indispensabili): asindeti (coordinazione senza congiunzione), frequenti termini astratti, concordanze a senso, brachilogie (costruzioni abbreviate, come ablativi assoluti, nessi pregnanti ecc.), zeugmi (dipendenza di più termini da un unico verbo), uso frequente del discorso indiretto e degli infiniti storici o narrativi in serie e in asindeto, ritmo incalzante;
■ la variatio: rottura della simmetria del periodo, grazie a un lessico vario, nessi vari, paratassi e disarticolazione sintattica, mantenendo però parallelismi e antitesi, anafore e riprese a distanza. Lo stile antitetico (largo uso della congiunzione avversativa sed in apertura di paragrafo) permette a Sallustio di esprimere la sua stessa inquietudine e la drammaticità dei caratteri e delle situazioni;
■ gli arcaismi nel lessico e nella sintassi: contribuiscono alla durezza del giudizio morale di Sallustio nei confronti della società a lui contemporanea. Es. il superlativo in -umus; gerundi e gerundivi in -undi e -undus; forme come vostri, divori, avortere ecc. per vestri, diversi, avertere; le forme pronominali quoius, quoi, quoique, aliquoius per cuius, cui, cuique, alicuius; la congiunzione quom per cum; le desinenze -os e -om per -us e -um peri nomi della 2° declinazione; l'accusativo plurale della 3° declinazione in -is in -es; la desinenza -ere per -erunt nella 3° pers. plur. perfetto indicativo; il genitivo senati per senatus ecc.;
■ le figure retoriche: ricorrenti sia le figure di parola (allitterazione, chiasmo, omeoteleuto ecc.) sia le figure di pensiero (antitesi, anafora, zeugma). L’equilibrio classico e il senso della misura si trovano nei passi in cui Sallustio evita l’eccessivo pathos (es. descrizione del campo di battaglia, nel capitolo finale del De coniuratione Catilinae). Vi è il gusto barocco per il macabro (patto di sangue nel cap. 22 ed esecuzione capitale dei congiurati nel cap. 55). Lo stile di Sallustio evita l’emotività: solo in qualche passo coinvolge il lettore nella dinamica degli accadimenti e usa la narrazione storica per il «possesso per l'eternità» (Tucidide).

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