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Lucano: La Pharsalia e i rapporti con il potere politico

INTELLETTUALI E POTERE

Lucano, da giovane, entrò nella cohors amicorum («la cerchia degli amici») dell'imperatore Nerone, in onore del quale recitò anche le laudes Neronis in occasione dei Neronia del 60. Nonostante ciò, ben presto Nerone stesso divenne invidioso della bravura poetica e soprattutto mal tollerò le idee repubblicane di Lucano. Infatti, nel suo capolavoro, il poema epico intitolato Bellum civile, meglio noto come Pharsalia, Lucano parla della guerra civile tra Cesare e Pompeo. Lucano si pone in netto contrasto con il potere, non accetta l'avvento dell'Impero con la testa bassa, ma lamenta il fatto che la guerra civile è stata una lotta fratricida che ha di fatto decretato la fine della Res publica Romana e delle sue antiche e sacre istituzioni, come leggiamo sin dalle prime righe del proemio con cui apre il suo poema. Lucano sceglie, infatti, parole forti per riportare le sue idee:

"Guerre più atroci delle civili (bella ... plus quam civilia) ... il crimine divenuto diritto, e un popolo potente voltosi con la destra vittoriosa contro le sue stesse viscere, e schiere consanguinee..."

La Pharsalia è definita l'anti-Eneide e Lucano l'anti-Virgilio perché  mentre Virgilio, su commissione di Mecenate, aveva narrato la fondazione di Roma e aveva celebrato lo stesso Augusto come fautore della pax per tutto l'Impero, invece Lucano non aveva scritto un poema con scopo celebrativo, come gli altri poemi epici del passato, ma aveva denunciato tutte le brutture che erano seguite alla guerra civile. L'epica di Lucano non ha scopo celebrativo, ma con disperazione dimostra che non c'è alcun piano provvidenziale nella storia, a differenza di quanto invece aveva affermato Virgilio nell'Eneide. Per Lucano il mondo è governato dal caso, che porta irrimediabilmente il mondo verso la distruzione. Inoltre afferma che, se gli dei davvero governassero il mondo e fossero benevoli, sarebbero intervenuti nella battaglia di Farsalo, il «funerale del mondo», impedendo il trionfo di Cesare.

Nel suo poema non ci sono gli dei (che invece intervenivano costantemente nei poemi epici precedenti) non  c'è la visione provvidenziale della storia (come in Virgilio), non ci sono celebrazioni (come da tradizione epica), non rispetta nemmeno la classica struttura di un poema epico, ma preferisce ribaltare tutto ciò che la tradizione epica aveva portato avanti. 

Per quanto riguarda le tecniche narrative, Lucano sceglie di rappresentare nei dettagli alcuni eventi drammatici che attirano l'attenzione del lettore, poi si dedica a riportare intense descrizioni e a commentare gli episodi più significativi.

Quando, nel 65, Lucano fu coinvolto nella congiura di Pisone contro Nerone e di conseguenza, a circa di 26 anni, fu costretto dall'imperatore a darsi il suicidio.

La sua può essere definita "Poesia della rovina" in quanto parla con tristezza della fine della Res publica, parla costantemente della morte, riporta l'episodio della strega e del soldato morto tornato sulla terra che predice la disastrosa sconfitta dell'esercito di Pompeo.

Le innovazioni dell'opera sono: 

1) parla di fatti reali e non di mito; 

2) non ha scopo celebrativo;

3) non c'è spazio per gli dei o la provvidenza, ma a guidare il mondo è il caso

3) Lucano nello scrivere il suo poema è profondamento deluso dalla situazione politica in cui vive, ossia l'Impero del crudele e sanguinario Nerone, mentre Virgilio era un poeta-vate che aveva ricevuto da Mecenate l'incarico di redigere un poema epico che celebrasse la grandezza di Roma e la figura di Augusto.

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