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Versione di Plutarco

Onestà di Fabrizio  Testo greco  Τοῦ Φαβρικίου τὴν ἀρχὴν παραλαβόντος, ἧκεν ἀνὴρ εἰς τὸ στρατόπεδον πρὸς αὐτόν, ἐπιστολὴν κομίζων ἣν ἐγεγράφει ὁ τοῦ βασιλέως ἰατρός, ἐπαγγελλόμενος φαρμάκοις ἀναιρήσειν τὸν Πύρρον, εἰ χάρις αὐτῷ παρ' ἐκείνων ὁμολογηθείη λύσαντι τὸν πόλεμον ἀκινδύνως. Ὁ δὲ Φαβρίκιος δυσχεράνας πρὸς τὴν ἀδικίαν τοῦ ἀνθρώπου καὶ τὸν συνάρχοντα διαθεὶς ὁμοίως, ἔπεμψε γράμματα πρὸς τὸν Πύρρον κατὰ τάχος, φυλάττεσθαι τὴν ἐπιβουλὴν κελεύων. Εἶχε δ' οὕτως ἡ ἐπιστολή· "Γάιος Φαβρίκιος καὶ Κόιντος Αἰμίλιος ὕπατοι Ῥωμαίων Πύρρῳ βασιλεῖ χαίρειν. Οὔτε φίλων εὐτυχὴς ἔοικας εἶναι κριτής οὔτε πολεμίων. Γνώσῃ δὲ, τὴν πεμφθεῖσαν ἡμῖν ἐπιστολὴν ἀναγνούς, ὅτι χρηστοῖς καὶ δικαίοις ἀνδράσι πολεμεῖς, ἀδίκοις δὲ καὶ κακοῖς πιστεύεις. Οὐδὲ γὰρ ταῦτα σῇ χάριτι μηνύομεν, ἀλλ᾿ ὅπως μὴ τὸ σὸν πάθος ἡμῖν διαβολὴν ἐνέγκῃ καὶ δόλῳ δόξωμεν, ὡς ἀρετῇ μὴ δυνάμενοι, κατεργάσασθαι τὸν πόλεμον”. Ο Πύρρος, τὴν ἐπιβουλήν ἐξελέγξας, τὸν μὲν ἰατρὸν ἑκόλασε, Φαβρικίῳ δὲ καὶ Ῥωμαίοις ἐδωρεῖτο. Tradu...
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Un po’ di psicologia: la storia dell’elefante e della catena

Lo psicologo argentino Jorge Bucay narra la storia di un bambino appassionato di circo e affascinato dagli animali, soprattutto dagli elefanti.  Un giorno, prima dell’inizio dello spettacolo circense, nota un enorme elefante legato per una zampa a una catena fissata a un piccolo paletto piantato nel terreno. Il bambino si stupisce: com’è possibile che un animale così grosso e potente, capace di abbattere da solo un albero, non riesca a liberarsi da un semplice paletto? Curioso, chiede spiegazioni agli adulti che lo circondano.vAlla fine scopre la verità: l’elefante è stato incatenato sin da quando era piccolo. Da cucciolo, aveva provato più e più volte a liberarsi dalla carena, ma non ci era mai riuscito. Col tempo, aveva smesso di tentare. Crescendo, era diventato forte, ma aveva serbato il ricordo dei suoi molteplici fallimenti. Così, non aveva più provato a scappare, convinto di non potercela mai fare. Questa metafora rappresenta il concetto di “impotenza appresa”: quando, dopo ...

Frasi dal greco

 ... δυνατὰ δὲ οἱ προύχοντες πράσσουσι καὶ οἱ ἀσθενεῖς ξυγχωροῦσιν (Θουκυδίδης, Ἱστορίαι, V 89) "I più forti fanno ciò che è possibile e i deboli cedono". (dal Dialogo dei Melii e degli Ateniesi, Tucidide, Storie, V, 89) Letteralmente: Le cose possibili i potenti fanno e i deboli acconsentono. Analisi: - δυνατὰ: accusativo neutro plurale di δυνατός > le cose possibili - προύχοντες: participio presente maschile plurale nominativo di προέχω > i dominanti, i potenti, coloro che prevalgono - πράσσουσι: indicativo presente , 3ª persona plurale di πράσσω > fanno - ἀσθενεῖς: aggettivo sostantivato maschile plurale nominativo di ἀσθενής > deboli - ξυγχωροῦσιν: indicativo presente attivo, 3ª persona plurale di συγχωρέω > acconsentono, cedono

Plutarco e la memoria

 Plutarco. La memoria va tenuta in esercizio, da piccoli e da grandi. Πάντων μάλιστα δει την μνήμην των παίδων ασκείν και συνεθίζειν; αυτή γαρ ώσπερ της παιδείας εστι ταμιεΐον; και διά τουτο μητέρα των Μουσών εμυθολόγησαν ειναι την Μνημοσύνην, αινιττόμενοι και παραδηλουντες ότι ούτως ουδέν παιδείαν γεννάν και τρέφειν, ως η μνήμη, πέφυκε. Και τοίνυν τάυτην κατ’ αμφότερ ασκητέον , ειτ’εκ φύσεως μνήμονες εΐεν οι παίδες, είτε και τουναντίον επιλήσμονες. Την γαρ πλεονεξίαν της φύσεως επιρρωώσομεν, την δ’ έλλειψιν αναπληρώσομεν, και οι μεν των αλλων έσονται βελτίους, οι δ’εαυτων. Μη λανθανέτω τοινυν μηδέ τούτο τούς πατέρας, ότι το μνημονικόν της μαθήσεως μέρος ου μόνον πρός την παιδειαν, αλλά πρός τας του βίου πράξεις ουκ ελαχίστην συμβάλλεται μοιραν. Η γαρ των γεγενημένων πράξεων μνήμη της περί των μελλόντων ευβουλίας γίγνεται παράδειγμα.    Plutarco (46-120d.C). Περί παίδων αγωγής, Sull’educazione dei figli     Traduzione     Soprattutto bisogna ...

Mimnermo Frammento 1

 Quant’è bella giovinezza...   Mimnermo Frammento 1 completo: un contrasto tra la bellezza luminosa della giovinezza e l'ombra malinconica della vecchiaia.  Testo greco τίς δὲ βίος, τί δὲ τερπνὸν ἄτερ χρυσῆς Ἀφροδίτης; τεθναίην, ὅτε μοι μηκέτι ταῦτα μέλοι, κρυπταδίη φιλότης καὶ μείλιχα δῶρα καὶ εὐνή, οἷ' ἥβης ἄνθεα γίνεται ἁρπαλέα ἀνδράσιν ἠδὲ γυναιξίν· ἐπεὶ δ' ὀδυνηρὸν ἐπέλθηι γῆρας, ὅ τ' αἰσχρὸν ὁμῶς καὶ κακὸν ἄνδρα τιθεῖ, αἰεί μιν φρένας ἀμφὶ κακαὶ τείρουσι μέριμναι, οὐδ' αὐγὰς προσορῶν τέρπεται ἠελίου, ἀλλ' ἐχθρὸς μὲν παισίν, ἀτίμαστος δὲ γυναιξίν· οὕτως ἀργαλέον γῆρας ἔθηκε θεός.   Traduzione in italiano  E quale vita, e quale gioia senza l'aurea Afrodite? Vorrei essere morto quando a me questo più non importi, l'amore segreto e i dolci doni del letto, che di giovinezza sono i fiori graditi per uomini e donne; quando invece dolorosa sopraggiunge la vecchiaia, che brutto e spregevole insieme rende l'uomo sempre nell'animo lo tormentano tristi...

Il tempo secondo gli antichi Greci

 La nostra percezione del tempo è spesso limitata a una singola dimensione: una linea retta che scorre inesorabile, misurata dai battiti degli orologi e dal susseguirsi dei giorni. Ma per gli antichi Greci, il tempo era un concetto molto più ricco e sfaccettato. Non era un'unica entità, ma un paesaggio sacro abitato da tre spiriti distinti, ognuno con la propria natura e il proprio significato. Era possibile distinguere tra: 1) Chronos: il tempo che scorre Chronos (χρόνος) è la personificazione del tempo lineare che tutti conosciamo. È il tempo che logora e consuma, quello che ci fa invecchiare e che scandisce la storia. È il tempo misurabile, quello dei calendari e degli orologi, che non si ferma mai. Rappresenta la nostra esperienza quotidiana del passare del tempo. 2) Kairos: l'istante da cogliere Kairos (καιρός) è l'esatto contrario di Chronos. Non è il tempo che scorre, ma l'attimo perfetto, l'occasione fugace che si presenta improvvisamente. Nell'arte anti...

Renato Caccioppoli: genio e sregolatezza della matematica italiana

Biografia  Genio folle e indiscusso del Novecento scientifico italiano, Renato Caccioppoli (1904–1959) non incarnava certo l’ideale del professore modello. A lezione si esprimeva talvolta in dialetto napoletano, altre volte appariva distratto, con lo sguardo velato dall'aver bevuto un bicchiere di troppo. L’orario accademico era per lui una mera convenzione: arrivava sempre tardi, lasciava spesso l'aula prima del dovuto — sostenendo con orgoglio che un quarto d’ora di una sua lezione valeva più di due ore di un qualunque altro insegnante. Era temuto dagli studenti, che spesso ai suoi esami venivano bocciati con estrema disinvoltura. Eppure, affascinati dal suo incredibile genio, in molti seguivano con interesse le sue lezioni, anche se nella maggior parte dei casi avrebbero optato per sostenere l'esame con il professor Miranda, che insegnava gli stessi corsi negli anni alterni. Durante un esame, il suo assistente — un sacerdote di nome Savino Coronato — chiese a un esaminan...