Odi et Amo: l’amore tormentato di Catullo per Lesbia
Un piccolo e semplice riassunto della vita di Catullo
Catullo nacque a Verona nell'84 a.C. circa ed ebbe una vita breve, ma molto intensa. Era di famiglia aristocratica e possedeva numerose Ville: a Roma, a Tivoli e a Sirmione. Grazie alla ricchezza della sua famiglia, potè permettersi una buona educazione letteraria. A circa 20 anni, si trasferì a Roma, dove frequentò gli ambienti raffinati e decadenti dell'alta società romana. Strinse amicizia con Quinto Lutazio Catulo e coi poetae novi[1] Elvio Cinna e Licinio Calvo, condividendo con loro una vita d'amore e spensieratezza. Catullo ebbe una relazione altalenante con una donna, più grande di lui di circa 10 anni, che nelle sue poesie chiamava Lesbia[2], ma il cui vero nome era Clodia, moglie di Q. Cecilio Metello Celere e sorella del tribuno della plebe P. Clodio (nemico di Cicerone), una dama ricca, intelligente, affascinante, elegante e coltissima, amante della bella vita e spregiudicata, che passava continuamente da un amante all’altro. Innamoratosi perdutamente di lei, il giovane Catullo bruciò la sua breve esistenza nel rincorrere questo amore tormentato e divenne il primo poeta d'amore della letteratura latina e forse anche il primo poeta romantico. Visse con lei un amore sensuale che passava da momenti di felicità sublime a momenti di cupa infelicità, da gioie intensissime ad acuta sofferenza, e Catullo riuscì a trasformare tutto ciò in 25 brucianti poesie, nelle quali elogiava e disprezzava la donna amata, ma infedele.
Compì anche un breve viaggio in Bitinia
per recarsi sulla tomba di suo fratello[3] e per tentare di cancellare
dal suo cuore la donna che lo aveva deluso e tradito più e più volte. Eppure non potè far a meno di ritornare a Roma nel vano tentativo di riconquistarla. Infine, distrutto e ormai senza speranze, si recò a Sirmione, in cerca di
pace e riposo sul lago di Garda, dove morì a soli 30 anni, nel 54 a.C. circa.
POETICA
Di Catullo ci sono pervenuti soltanto 116 carmi (poesie, da carmen, carminis) raccolti nel Liber
o Libellus (libro
o libricino) catulliano, suddivisi per il tipo di metrica in 3 gruppi:
1-60 scritti co vari metri (endecasillabi, trimetri giambici,
ipponattei, asclepiadi), e conosciuti col nome di nugae → piccole poesie in cui Catullo parlava del
suo amore per Lesbia, dell'amore per il bel giovine Giovenzio e altre poesie dedicate
ai suoi amici o utilizzate per sfogare l'odio contro i suoi nemici;
61 - 68 scritti in pentametri, esametri o distici
elegiaci, e detti Carmina
Docta → poesie di elevato livello stilistico che ttrattano di amore e del mito;
69 – 116 scritti in distici elegiaci, e detti epigrammi → di argomento prevalentemente erotico.
Catullo nelle sue poesie fa una netta distinzione
tra amore passionale e voler bene (bene
velle) e crede nell’importanza della fides
sia nel rapporto amoroso sia nell'amicizia.
Per i suoi componimenti si
ispirò a Callimaco (di cui tradusse la Chioma di Berenice), Saffo e
Archiloco, ma tutte le sue poesie risultano essere originali, perché sono frutto dei suoi
sentimenti, delle situazioni e delle circostanze che ha vissuto in prima
persona!
Uno dei
carmi più celebri di Catullo è il carme 85: Odi et amo.
Odi et amo. Quare id faciam,
fortasse requiris.
Odio e amo. Forse mi chiedi
perché io lo faccia.
Nescio,
sed fieri sentio et excrucior. Non lo so, ma sento che accade, e mi struggo.
In questa poesia l’ossimoro
catulliano “odio e amo” racchiude tutti i sentimenti contrastanti, di cui il
poeta non riesce a capacitarsi. Si chiede, infatti, disperato perché possa succedere di amare e
odiare contemporaneamente la stessa persona, ma non sa darsi una risposta e finisce col tormentarsi.
[1]
o neóteroi, così chiamati da Cicerone che coniò questa espressione in tono ironico
e dispregiativo, per designare questo gruppo di poeti, poiché
disapprovava il loro modo di vivere lontano dalla politica e dagli affari dello stato
[2]
pseudonimo riferito all’isola di Lesbo, in
cui viveva Saffo, la poetessa greca dell’amore
[3]
in onore del quale scrisse il Carme
101, ripreso poi da Foscolo per comporre In morte del fratello
Giovanni
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