Passa ai contenuti principali

Le doti di un buon generale

TESTO LATINO
 Caesarem tradunt comem et humanum, sed etiam severum erga milites suos fuisse. Eum non milites, sed commilitones appellare suos non pigebat; saepe cum eis pedes in itinere ivit et in prima acie inter hostium tela miles pugnavit. Id eum non parum iuvit ad sibi animos suorum conciliandos. Idem tamen severum se praebebat et graviter animadvertebat in eos, qui segnes in pugna fuissent vel iussis non prompte paruissent. Milites sua consilia celare consueverat eisque interdum intempesta nocte signum pugnae vel castra movendi dare ut semper ad omnia parati essent. Id ei non paenitendum fuit: numquam enim eum defecit vigil diligentia militum. Etiam erga hostes, qui se dedissent, saepe clementiam adhibuit; arbitrabatur enim optimum imperatorem decere si humanum in victos et inermes se praebuisset. Attamen graviter consuluit in eos qui, post deditionem, perfidos se praestitissent nec datam fidem servavissent.     da Svetonio

TRADUZIONE ITALIANA
Tramandano che Cesare (sia stato) gentile ed umano, ma anche che sia stato severo nei confronti dei suoi soldati. Non si vergognava di chiamare i suoi non soldati, ma commilitoni; spesso andò in viaggio a piedi con loro e combattè come soldato in prima fila tra i dardi dei nemici. Questo fatto gli giovò non poco per conciliare a sè gli animi dei suoi. Tuttavia lo stesso si mostrava severo e infieriva pesantemente contro coloro, che fossero stati lenti in battaglia o non avessero ubbidissero prontamente ai comandi. Era solito nascondere le sue decisioni ai soldati e talvolta a notte fonda (era solito) dare il segnale della battaglia o di levare l'accampamento cosicché i suoi fossero preparati sempre a tutte le cose. Non si dovette pentire di ciò: mai infatti gli mancò la vigile diligenza dei soldati. Anche nei confronti dei nemici, che si fossero consegnati, mostrò spesso clemenza; infatti si pensava che convenisse all'ottimo comandante se si fosse mostrato umano verso i vinti e gli indifesi. Ma tuttavia prese provvedimento contro quelli che, dopo la resa, si fossero mostrati perfidi o non avessero rispettato la fedeltà data. 

Commenti

Post popolari in questo blog

MARZIALE, Per la morte della piccola Eròtion

TRADUZIONE CONTRASTIVA: MARZIALE, Per la morte della piccola Eròtion Epigramma V, 34 Hanc tibi, Fronto pater, genetrix Flaccilla, puellam oscula commendo deliciasque meas, parvola ne nigras horrescat Erotion umbras oraque Tartarei prodigiosa canis. Impletura fuit sextae modo frigora brumae, vixisset totidem ni minus illa dies. Inter tam veteres ludat lasciva patronos et nomen blaeso garriat ore meum. Mollia non rigidus caespes tegat ossa nec illi, terra, gravis fueris : non fuit illa tibi. TRADUZIONI A CONFRONTO TRADUZIONE 1 A te, babbo Frontone, a te, mamma Flaccilla, io pienamente affido questa povera bimba, oggetto dei miei baci e delle gioie mie. Cara piccina! Ch'ella non provi terrore delle Ombre, né delle orrende fauci di Cerbero infernale. Avrebbe ora compiuto il suo sesto gelido inverno, s'ella fosse vissuta altri sei giorni ancora. Oh! Fra i suoi buoni vecchi che ella giochi e ripeta i capricci, e il mio nome balbetti c...

I complici di Catilina, Sallustio, 14 I seguaci di Catilina

I complici di Catilina  TESTO LATINO  - S allustio, De coniuratione Catilinae, 14. In tanta tamque corrupta civitate Catilina, id quod factu facillimum erat , omnium flagitiorum atque facinorum circum se tamquam stipatorum catervas habebat . Nam quicumque impudicus adulter ganeo manu ventre pene bona patria laceraverat , quique alienum aes grande conflaverat , quo flagitium aut facinus redimeret , praeterea omnes undique parricidae sacrilegi convicti iudiciis aut pro factis iudicium timentes , ad hoc quos manus atque lingua periurio aut sanguine civili alebat , postremo omnes quos flagitium egestas conscius animus exagitabat , ii Catilinae proximi familiaresque erant . Quod si quis etiam a culpa vacuus in amicitiam eius inciderat , cotidiano usu atque illecebris facile par similisque ceteris efficiebatur . Sed maxime adulescentium familiaritates appetebat : eorum animi molles etiam et [aetate] fluxi dolis haud difficulter capiebantur . Nam ut cuiusque studium ex aetate f...

LATINO Seneca, “Epistulae morales ad Lucilium”, Epistula 95

VITA E OPERE Lucio Anneo Seneca (Cordova, 4 a.C. – Roma, 65) apparteneva a una ricca famiglia equestre spagnola ed era figlio del famoso Seneca il Retore. Da giovane, fu portato a Roma dalla zia materna; e ricevette un’ottima educazione letteraria e storica, completata con studi di retorica e di filosofia: i suoi maestri furono: -          Sozione di Alessandria, vicino alla scuola stoico-pitagorica dei Sestii -          lo stoico Attalo, cultore di scienze naturalistiche -          Papirio Fabiano. Intorno al 26 d.C. si recò in Egitto per motivi di salute, con suo zio, il prefetto Gaio Valerio. Le sue condizioni di salute migliorarono, anche grazie alle cure della zia materna . Tornato a Roma, intorno al 33-34 d.C., ottenne la questura, il primo grado del cursus honorum ; si dedicò all'attività oratoria, ottenendo fama e successo. Scrisse la Consolatio ad...