L’interno della Terra e il magnetismo terrestre
La struttura interna della Terra e lo studio delle onde sismiche
La struttura interna della Terra è
legata ai processi che hanno portato alla sua formazione.
Per
effetto della gravità, gli elementi più pesanti (es. ferro) si trovano nel nucleo, la parte più interna del
pianeta, mentre le rocce costituite da elementi più leggeri vanno a costituire
le parti intermedie, dette mantello
e crosta, mentre i gas formano
l’atmosfera. Sempre per effetto della
gravità si hanno variazioni di densità. Il rapporto tra la massa e il volume
della Terra fornisce una densità media:
dmedia = M/V = 5,52 g/cm3
Le rocce che si trovano nello strato più
esterno hanno una densità più bassa (2,7 – 3 g/cm3), quindi gli strati
più interni devono avere una densità maggiore.
La densità, infatti, cambia non solo
passando da uno strato all’altro, ma anche all’interno dello stesso strato
perché, sottoposti a grandi pressioni, i materiali si comprimono. (aumento di
pressione = riduzione di volume =
aumento di densità).
Per studiare la struttura interna della
Terra ci si serve delle estrapolazioni di evidenze fisiche scaturite dai
campioni portati alla superficie dalle più remote profondità tramite l'attività
vulcanica dello studio della propagazione delle onde sismiche[1],
registrate dai sismografi di tutto il mondo durante i terremoti. In
particolare, si studiano la loro velocità
di propagazione e la loro direzione:
proprio perché l’interno della Terra non è omogeneo, le onde sismiche non
viaggiano a velocità costante e non seguono percorsi rettilinei, ma subiscono
riflessioni, rifrazioni e diffrazioni.
A far variare la velocità delle onde
sismiche sono la densità e le proprietà elastiche (rigidezza,
compressibilità) delle rocce in cui si propagano.
Le proprietà elastiche sono influenzate
dalla temperatura.
A parità di composizione, le onde
sismiche si propagano più velocemente nelle rocce più rigide e meno
comprimibili, quindi a temperature inferiori, mentre all'aumentare della
temperatura la roccia diventa meno rigida, e le onde sismiche rallentano.
Inoltre, la velocità aumenta con la profondità e quindi la traiettoria delle
onde sismiche assume un andamento curvilineo a causa di continue deviazioni.
Le onde che si propagano all'interno della Terra
vengono deviate nel loro corso:
-
Sono
riflesse dalle superfici che
separano i diversi strati;
-
Sono
rifratte (cambiano cioè la loro
direzione) quando passano da uno strato all'altro;
-
Sono
diffratte intorno a ogni ostacolo
che incontrano.
Gli strati della Terra
Confrontando i
dati ricavati dallo studio delle onde sismiche e quelli ottenuti grazie allo
studio dei minerali, è stato possibile costruire un modello attendibile della
struttura stratificata dell'interno della Terra: lo strato più esterno e
sottile è la crosta, costituita soprattutto da silicati di alluminio;
sotto la crosta c’è il mantello, uno strato prevalentemente solido
formato soprattutto da silicati di ferro e magnesio. Al centro della Terra vi è
il nucleo, in parte allo stato liquido, composto soprattutto da ferro e
nichel.
In base alla composizione chimica
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In base alle proprietà fisiche e alla resistenza meccanica
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CROSTA (rocce a bassa densità)
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CROSTA
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MANTELLO (rocce ad alta densità)
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MANTELLO SUPERIORE (solido)
MANTELLO INFERIORE (solido)
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NUCLEO (ferro + nichel)
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NUCLEO ESTERNO (liquido)
NUCLEO INTERNO (solido)
|
La crosta terrestre
è uno strato sottile, con spessore disomogeneo (da 6 a 70 km).
Dalla superficie verso l’interno la
prima discontinuità nell'andamento della velocità delle onde sismiche
corrisponde alla superficie di separazione tra la crosta terrestre e il mantello,
chiamata discontinuità di Mohorovičić
o Moho, dal nome del sismologo che
la scoprì nel 1909.
In corrispondenza di questa
discontinuità si osserva un brusco aumento della velocità sia delle onde P sia
delle onde S. La profondità alla quale si trova questa discontinuità oscilla
tra i 7 km e i 40 km. Sono stati, infatti, identificati due tipi di crosta
terrestre: la crosta continentale e
la crosta oceanica, molto diverse
per composizione, età e modalità di formazione.
La crosta oceanica è molto sottile e uniforme ed è
costituita soprattutto da rocce basaltiche (ricche di Fe e Mg, come gabbri e
basalti ricoperti da un sottilissimo strato di sedimenti marini), con una
densità media più alta rispetto alla crosta continentale. La crosta oceanica è
molto più simile alle rocce del mantello. Ha uno spessore medio di 7 km. In
essa la velocità delle onde P è di 5.7 km/s e la densità è di circa 3,0 g/cm3,
valori simili a quelli ricavati sperimentalmente per basalti e gabbri.
La crosta continentale è
costituita prevalentemente da rocce metamorfiche e magmatiche, spesso ricoperte
da rocce sedimentarie. La struttura e la composizione della crosta continentale
variano da una regione all’altra. Lo spessore medio della crosta continentale è
di 40 km, anche se può raggiungere i 70 km in alcune aree montuose. La velocità
delle onde sismiche nella crosta continentale è molto variabile e indica una
grande disomogeneità nella composizione delle rocce che la costituiscono.
L'esistenza di un nucleo
centrale distinto nella Terra fu dimostrata nel 1906 dal geologo Richard D.
Oldham. Il valore della profondità del limite tra nucleo e mantello fu
calcolato nel 1914 da Beno Gutenberg. A 2900 km si trova, infatti, la discontinuità di Gutenberg, ove viene
riscontrata una brusca diminuzione della velocità delle onde P e
un’interruzione della propagazione delle onde S.
Oldham aveva osservato che a una
distanza angolare di oltre 100o dall'epicentro di un forte
terremoto, le onde P e S erano assenti o molto deboli, per cui il nucleo centrale
dava origine a una "zona d'ombra" priva di onde sismiche.
Oltre l'82% del volume della Terra è costituito dal mantello, avente uno spessore di circa
2900 km e composto da rocce che contengono ferro e magnesio.
In base agli studi condotti sulla
propagazione delle onde sismiche, il mantello può essere distinto in:
-
Mantello superiore
-
mantello inferiore
Il mantello superiore si estende dalla
discontinuità Moho fino alla profondità di 660 km e può essere a sua volta
suddiviso in tre strati diversi:
Ø La litosfera, più rigida e solida, costituiti dalla
crosta e dalla parte superiore del mantello;
Ø L'astenosfera,
meno rigida, composta da rocce parzialmente liquefatte e plastiche;
Ø La zona
di transizione (parte inferiore del mantello superiore), il cui limite
superiore è segnalato da un improvviso aumento della densità da 3,5 a 3,7 g/cm3.
La velocità delle onde sismiche registrata nel mantello
superiore corrisponde a quella della peridotite, una roccia ultramafica
composta in prevalenza da olivina e pirosseno.
Le rocce del mantello vengono talvolta
portate in superficie da alcuni processi geologici: in alcune lave basaltiche
di origine molto profonda compaiono inclusi strappati dalle parti inferiori del
condotto vulcanico e questi frammenti, chiamati xenoliti, sono effettivamente
di composizione peridotitica.
La mesosfera comprende il mantello intermedio e il mantello
inferiore.
Il mantello
inferiore si trova tra i 660 km e il limite superiore del nucleo, a una
profondità di 2890 km. In questo strato l'olivina e il pirosseno si trasformano
nel minerale chiamato perovskite, (Mg, Fe)SiO3.
Il mantello inferiore è lo strato più
spesso della Terra e costituisce il 56% del volume del pianeta.
La discontinuità di Gutenberg,
che separa il mantello dal nucleo, determina una grande variazione delle
proprietà dei materiali:
-
La
velocità delle onde P si riduce da 13,7 a 8,1 km/h
-
La
velocità delle onde S scende drasticamente da 7,3 km/h a zero. Dato che le onde
S non si propagano nei liquidi, s’ipotizza che la parte più esterna del nucleo
sia allo stato liquido.
-
La
variazione di densità da 5,6 a 9,9 g/cm3 è maggiore di quella che si
registra sulla superficie terrestre nel passaggio dalla roccia all'aria.
Nel 1936 la sismologa Inge Lehmann intuì che alcune onde P
venivano fortemente rifratte in seguito a un loro improvviso incremento di
velocità in corrispondenza di una superficie di discontinuità all'interno del
nucleo. Tale discontinuità, chiamata discontinuità
di Lehmann, si trova a circa 5150 km di profondità e divide la parte più
esterna liquida del nucleo, chiamata nucleo
esterno, da quella più interna
solida, detta nucleo interno. Il nucleo
ha un raggio di circa 3500 km. La composizione chimica del nucleo è stata
ricostruita analizzando frammenti di diversi meteoriti. I geologi ritengono che
la Terra contenga una grande quantità di ferro, meno abbondante nella crosta e
nel mantello. Da ciò si può dedurre che il nucleo sia costituito
prevalentemente da ferro e nichel.
Il nucleo corrisponde a circa 1/6 del
volume della Terra ma, per la sua elevata densità, costituisce 1/3 della massa
terrestre.
Il nucleo esterno è costituito da ferro
e, per il 15% circa, da altri elementi (probabilmente zolfo, ossigeno, silicio
e idrogeno).
Il nucleo interno è una sfera solida
costituita da ferro e da quantità
minori di nichel. Questa parte del
nucleo costituisce solo 1/142 (meno dell'1%) del volume del nostro pianeta.
Il
calore interno della Terra
La temperatura della Terra è mediamente di circa 5500o
C al centro e 0o C in superficie. Pertanto, il calore si trasferisce
continuamente dalle zone più interne a quelle più esterne, generando una
circolazione di materiali nel nucleo e nel mantello. Questo flusso di calore sulla superficie
terrestre non è uniforme, ma è più elevato in corrispondenza delle dorsali
oceaniche, dove grandi quantità di magma risalgono verso l'alto, e in alcune
regioni continentali, per la presenza di concentrazioni particolarmente alte di
isotopi radioattivi. Nelle piane abissali, antiche e fredde, il flusso di
calore è invece molto basso.
Mettendo a confronto la geoterma con la
curva dei punti di fusione dei materiali, si nota che:
-
A elevate viscosità, come nella crosta e nella litosfera,
le rocce sono più rigide e fluiscono più difficilmente;
-
A bassa viscosità, come nell’astenosfera o nella regione
alla base del mantello, le rocce sono più plastiche.
Sia la geoterma sia la curva dei punti di
fusione aumentano gradualmente con la profondità, valori più alti, per il
contemporaneo aumento della pressione. La curva dei punti di fusione aumenta
più rapidamente della geoterma, e per questo le rocce nell'interno della Terra
sono allo stato solido. Tuttavia in due strati, la parte superiore
dell'astenosfera e la base del mantello, la temperatura della Terra è
sufficientemente elevata da causare l'inizio della fusione di alcune rocce.
Ciò spiega il diverso comportamento dei vari strati della Terra:
-
La
litosfera è rigida perché la sua temperatura è inferiore alla temperatura di
fusione;
-
L’astenosfera
è più molle e plastica perché la sua temperatura è prossima alla temperatura di
fusione: in alcuni punti, infatti, è possibile una fusione parziale.
L’astenosfera è fondamentale per il meccanismo della tettonica
delle placche, poiché consente lo scorrimento della litosfera, più rigida, su
uno strato più plastico. Nel mantello inferiore, molto rigido, le rocce si
muovono molto più lentamente che nel mantello superiore, tranne che alla base,
dove la temperatura si approssima nuovamente alla temperatura di fusione.
Nel nucleo la temperatura aumenta molto
più lentamente rispetto alla pressione. Tra il limite nucleo-mantello e il
centro della Terra, infatti, la temperatura cresce da 4000° C a 5500o
C, mentre la pressione triplica. Pertanto, il ferro del nucleo interno, sebbene
a elevatissime temperature, resta solido perché anche la pressione è
elevatissima.
La struttura tridimensionale della Terra e il campo magnetico
terrestre
La tecnica utilizzata per visualizzare
la struttura tridimensionale della Terra, basandosi sull’analisi delle onde
sismiche, è detta tomografia sismica. Fondamentale è anche lo studio
del campo magnetico terrestre.
La tomografia
sismica combina numerose registrazioni sismiche relative ai singoli
terremoti e costruisce un modello tridimensionale dell'interno della Terra,
basandosi sull’identificazione delle zone in cui la velocità delle onde P e S è
superiore o inferiore al valore medio previsto. Dalle immagini ottenute si
ravvisa l’esistenza di una circolazione di materiali alla scala dell’intero
mantello. Frammenti di antichi fondi oceanici freddi sprofondano alla base del
mantello, dove si riscaldano, si espandono e risalgono di nuovo verso la
superficie.
La Terra possiede un campo magnetico, rappresentabile con
linee di forza che escono dal polo magnetico sud e rientrano al polo magnetico
nord. I poli magnetici non coincidono esattamente con i poli geografici. Il campo magnetico terrestre può essere considerato un dipolo
magnetico, inclinato di 11’ 30’’ rispetto all’asse della Terra.
In ogni punto della superficie terrestre
il campo magnetico viene descritto mediante:
-
L’intensità, misurata in Gauss;
-
La direzione, descritta mediante due
angoli.
Ø La declinazione
magnetica, che indica la direzione del polo nord magnetico rispetto alla
direzione del polo nord geografico (ossia
il punto d’intersezione dell’asse di rotazione terrestre con la superficie);
Ø L’inclinazione
magnetica, che è l’angolo formato dalle linee di forza col piano orizzontale,
e può essere misurata con un ago magnetico libero di ruotare nel piano
verticale. Al polo nord magnetico le linee di forza puntano direttamente verso
il basso (inclinazione di circa 90o), all’equatore invece sono
orizzontali (inclinazione di circa 0o).
Le ipotesi sulle origini di questo campo sono numerose:
-
il
movimento di cariche elettriche nel nucleo esterno della Terra
-
gli
intensi moti convettivi nel nucleo esterno (formato da ferro allo stato
liquido).Questo flusso è probabilmente dovuto a:
1.
Convezione termica, che si verifica quando il calore si
trasmette dal nucleo al mantello per conduzione, e i materiali fluidi nella
parte più esterna del nucleo si raffreddano, diventano più densi e sprofondano;
2.
Convezione chimica, dovuta alla cristallizzazione del
ferro allo stato solido alla base del nucleo esterno, con la conseguente
formazione del nucleo Interno. Ciò determina la quasi totale assenza di ferro
nei fluidi residui che, alleggerendosi, risalgono verso l’alto;
3.
L’eventuale presenza di isotopi
radioattivi all'interno
del nucleo, quali potassio 40, che forniscono ulteriore calore alimentando la
convenzione termica.
I fluidi che risalgono all'interno del
nucleo seguono urta traiettoria a spirale e, essendo elettricamente carichi,
col loro movimento si genera un campo magnetico: questo meccanismo viene
chiamato geodinamo o dinamo ad autoeccitazione ed è analogo a quanto avviene in un
elettromagnete. Oggi molti scienziati nello spiegare il campo magnetico
terrestre sono orientati proprio verso un modello analogo a quello di una
dinamo ad autoeccitazione.
Il campo magnetico terrestre non è costante nel tempo, ma subisce
notevoli variazioni in direzione e intensità. Una delle più rilevanti
modificazioni è rappresentata dal fenomeno delle inversioni del campo magnetico. Durante un’inversione l'intensità
del campo magnetico diminuisce del 10% circa rispetto al valore normale, e i
poli si spostano gradualmente fino a “scavalcare” l’equatore; quando l’intensità
torna ai livelli normali, in poche migliaia di anni, il campo ha polarità invertita. Questo fenomeno
indica che le modalità di convezione nel nucleo esterno variano in intervalli
di tempo relativamente brevi. La scoperta delle inversioni del campo magnetico
terrestre è stata molto importante per i geologi poiché ha rappresentato una
delle prove principali a supporto della teoria della tettonica delle placche,
ma è possibile che questi eventi abbiano avuto un’influenza negativa per la
vita sulla Terra.
Il
magnetismo terrestre ha una notevole importanza per la vita sulla Terra. Il
campo magnetico terrestre, infatti, si estende nello spazio generando uno
“scudo” elettromagnetico chiamato magnetosfera
che, insieme all'atmosfera, protegge la superficie terrestre dalle particelle
ionizzate emesse dal Sole (devia i raggi cosmici e tutte le particelle cariche,
il cosiddetto vento solare), dando
origine alle fasce di Van Allen. Le
Fasce di Van Allen sono zone o cinture (belts)
ricche di particelle ad alta energia (plasma) che avvolgono la Terra.
Costituiscono un vero e proprio “mare di particelle cariche”, come amava
definirle James Van Allen, il fisico statunitense che le scoprì, composto
essenzialmente da protoni, elettroni e ioni più pesanti (atomi carichi
elettricamente), tenuti imprigionati dal campo magnetico terrestre. Queste
particelle sono in costante movimento e, a volte, si urtano reciprocamente,
perdendo energia cinetica con conseguente emissione di radiazione.
Le fasce di Van
Allen sono responsabili delle aurore
polari. Questo fenomeno è tipico dei poli
perché lì il campo geomagnetico è più debole e quindi le particelle del vento
solare possono entrare in contatto con la ionosfera (atmosfera tra i 100 – 500
km). La diminuzione d’intensità del campo magnetico durante un’inversione
potrebbe consentire l’arrivo sulla Terra di maggiori quantità di particelle
ionizzate.
Un’altra variazione del campo magnetico
terrestre è rappresentata dalla migrazione
dei poli magnetici, rilevabile nell'arco di pochi decenni. Per esempio, il
polo nord magnetico della Terra era stato individuato in Canada, ma negli
ultimi anni si è spostato verso il Mar Glaciale Artico e ora si sta dirigendo
verso la Siberia a una velocità di circa 20 km all’anno. Il processo non è
simmetrico, perché mentre il polo nord magnetico si sta spostando verso il polo
nord geografico, il polo sud magnetico si sta allontanando dal polo sud
geografico (dall’Antartide all’Oceano Pacifico).
[1] Ci sono diversi
tipi di onde sismiche (vibrazioni elastiche che partono dall’ipocentro del
terremoto). Le onde longitudinali, chiamate onde prime o onde
P, si propagano nei solidi e nei fluidi, producendo compressioni e
dilatazioni. Le onde trasversali, dette onde secondarie o onde S, si propagano solo nei solidi, facendo oscillare su e giù le
particelle del mezzo attraversato, in direzione perpendicolare rispetto alla
direzione di propagazione dell’onda. I cambiamenti di velocità delle onde P e S
segnalano variazioni di temperatura e pressione, di composizione chimica o di
stato di aggregazione, liquido o solido.
[2] La teoria
della tettonica delle placche (grandi blocchi di
litosfera) sostiene che le rigide placche della litosfera poggiano sull’astenosfera,
sulla quale sono libere di muoversi e spostarsi in senso orizzontale. Le
placche sono tutte a contatto tra loro, ma possono muoversi indipendentemente. All’interno
dell’astenosfera si formano dei movimenti circolari (celle convettive) che,
come se fossero dei grandi rulli, spostano le rigide placche soprastanti.
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