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Lucrezio vita e de Rerum Natura

Vita di Lucrezio 

Della vita di Tito Lucrezio Caro si hanno poche notizie: nacque forse nel 98 a.C. e forse morì poco più che
quarantenne, probabilmente nel 55 a.C.
Non si conosce neppure il luogo della sua nascita.
La data di composizione del poema scientifico De rerum natura, si può forse collocare intorno agli anni
Cinquanta del I secolo a.C., perché nel libro vi è un riferimento alla situazione pericolosa di Roma dovuta
alla contrapposizione tra i triumviri e la nobiltà senatoria e alle agitazioni del tribuno Clodio.
Forse studiò a Roma. Forse era protetto dall’aristocratico Gaio Memmio. Frequentava Cicerone, lo storico
Cornelio Nepote e Gaio Memmio.
Lucrezio e la filosofia epicurea a Roma
Roma venne in contatto con l’epicureismo nella seconda metà del III secolo a.C. All’inizio del II secolo le
idee epicuree si diffusero in gran parte della Società in crisi, lacerata dalle guerre civili.
Epicuro riteneva che il fine della vita fosse il piacere, inteso come assenza di dolore fisico e di sofferenza.
Lucrezio conosceva l'opposizione dei repubblicani alle idee epicuree ma sapeva anche che riscuotevano un certo ascolto tra gli aristocratici e per questo motivo decise di scrivere un’opera dottrinale di alto livello, chiara nei contenuti e raffinata nello stile. Egli scelse la forma poetica, perché voleva trascinare le anime, richiamare l’attenzione del pubblico.
In un’epoca di crisi di valori Lucrezio voleva liberare gli uomini dal desiderio di ricchezza e potere, dalla
voglia di piaceri, dall’immoralità dei costumi.

Il contenuto del De Rerum Natura

Il De rerum natura è un trattato in versi sulla filosofia epicurea in sei libri. Il poema è preceduto da un
proemio e si conclude con un epilogo. I sei libri sono uniti a 2 a 2, formando tre coppie.
Nei primi due libri dell’opera c’è una descrizione fisica del mondo e alcune considerazioni sull’uomo e sulla
sua vita.
Nei due libri successivi si parla della dissoluzione che attende l’anima dopo la morte e dei sentimenti.
Gli ultimi due libri parlano della precarietà del costumi e della storia dell’umanità e dei fenomeni fisici
come i fulmini, i terremoti o le epidemie.
Lo scopo di Lucrezio è affermare che gli dei sono estranei al mondo e alla vita dell’uomo e perciò non devono neppure essere temuti. Il timore degli dei e della morte, per Lucrezio, spinge l’uomo a compiere
azioni non degne della natura umana.
L’opera si chiude con la descrizione della peste di Atene, perché probabilmente Lucrezio voleva dimostrare che la morte è inevitabile e quindi bisogna accettarla serenamente.

Il lessico e la metrica

L’opera di Lucrezio è ricca di figure retoriche: l’allitterazione, l’antitesi, il chiasmo, che hanno la funzione di
accompagnare i concetti espressi per sottolinearli e aumentarne la capacità persuasiva. Lucrezio inventa
neologismi, e utilizza arcaismi.

  • Un altro merito di Lucrezio è di aver introdotto l’esametro dattilico greco nella poesia latina.

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