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Il suicidio di Didone

Eneide IV versi 642-666


At trepida et coeptis immanibus effera Dido 642
sanguineam volvens aciem, maculisque trementes
interfusa genas et pallida morte futura,
interiora domus irrumpit limina et altos 645
conscendit furibunda rogos ensemque recludit
Dardanium, non hos quaesitum munus in usus.
Hic, postquam Iliacas vestes notumque cubile
conspexit, paulum lacrimis et mente morata
incubuitque toro dixitque novissima verba: 650
« Dulces exuviae, dum fata deusque sinebat,
accipite hanc animam meque his exsolvite curis.
Vixi et quem dederat cursum Fortuna peregi,
et nunc magna mei sub terras ibit imago.
Urbem praeclaram statui, mea moenia vidi, 655
ulta virum, poenas inimico a fratre recepi,
felix, heu! nimium felix, si litora tantum
numquam Dardaniae tetigissent nostra carinae».
Dixit, et os impressa toro: « moriemur inultae,
Sed moriamur », ait. « Sic, sic juvat ire sub umbras. 660
Hauriat hunc oculis ignem crudelis ab alto
Dardanus, et nostrae secum ferat omina mortis. »
Dixerat, atque illam media inter talia ferro
collapsam aspiciunt comites, ensemque cruore
spumantem sparsasque manus. It clamor ad alta 665
atria: concussam bacchatur Fama per urbem.


In verde i participi, in giallo gli altri tempi verbali, in azzurro i gerundi o gerundivi, sottolineati gli ablativi assoluti



Traduzione in Italiano: 

Ma Didone, trepidante e fuori di sé per i suoi grandiosi propositi,
roteando gli occhi iniettati di sangue e le guance tremanti macchiate
e pallida per la morte imminente,
 645 irrompe nella parte più interna della casa e sale
furibonda sull'alto rogo ed estrae la spada
dardania (troiana), un dono non richiesto per quest’uso.
Qui, dopo che vide le vesti troiane e il noto letto,
indugiando un po’ nelle lacrime e nel pensiero
650 si gettò sul letto e disse le sue parole estreme:
“O spoglie (sott. a me) care, fino a che i fati e il dio me lo permettevano,
accogliete quest’anima e liberatemi da queste pene.
Ho vissuto e ho percorso qualsiasi cammino che la Sorte mi aveva dato,
e adesso una immagine di me grandiosa andrà sotto terra.
655 Ho fondato una nobile città, ho visto [crescere] le mie mura,
vendicando mio marito ho punito mio fratello (divenuto) a me nemico:
felice, ahimè, troppo felice, se soltanto
le navi dardanie (troiane) non avessero mai toccato le nostre spiagge”.
Disse, e premuta la bocca sul letto gridò: “Morirò invendicata (lett. Moriremo invendicate),
660 ma che io muoia”, dice, “così, così mi piace andare alle ombre.
Il crudele dardano (troiano) veda con (sott. i suoi) occhi questo fuoco dall’alto [sott. mare] e porti con sé i presagi (maledizioni) della mia (lett. nostra) morte”.
Così aveva detto e nel mezzo di tali parole
le ancelle (lett. le compagne) la vedono caduta sulla spada (lett. sul ferro) e [vedono] la spada
665 grondante di sangue e le mani cosparse (di sangue). Si alza un grido
per le alte stanze; la Fama (notizia) imperversa per la città sconvolta.

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