LE BASI MOLECOLARI DELL’EREDITARIETÀ
Prima della scoperta del materiale ereditario, si ipotizzava che esso dovesse:
• variare di quantità da specie a specie;
• avere la capacità di duplicarsi;
• regolare lo sviluppo cellulare.
Nel 1869 il biologo Miescher osservò e isolò per la prima volta composti chimici ricchi in gruppi fosfato PO43- - ossia gli acidi nucleici - all'interno dei nuclei dei leucociti (globuli bianchi), e li denominò nucleina. La scoperta di tali molecole aprì la strada all'identificazione di quale fosse la molecola responsabile della conservazione e della trasmissione dei caratteri ereditari: il DNA o le proteine (noi oggi sappiamo che è il DNA).
L’ESPERIMENTO DI GRIFFITH: IL FATTORE DI TRASFORMAZIONE
Nel 1928 Griffith stava studiando il batterio Streptococcus pneumoniae o pneumococco, l’agente patogeno della polmonite umana, individuando due diversi ceppi di pneumococco:
- Il ceppo S (smooth, in inglese «liscio») era costituito da batteri che producevano colonie a superficie liscia. Essendo dotato da una capsula polisaccaridica, questo ceppo evitava gli attacchi del sistema immunitario dell’ospite. Se iniettato in topi di laboratorio, si riproduceva e provocava la polmonite e poi la morte (il ceppo era quindi virulento);
- Il ceppo R (rough, in inglese «ruvido») era costituito da cellule batteriche che producevano colonie con superficie irregolare. Questi batteri erano privi di capsula e non erano virulenti.
Griffith iniettò degli pneumococchi S uccisi dal calore in alcuni topi e osservò che i batteri non infettavano il topo. Quando però Griffith somministrò a un altro gruppo di topi una miscela di batteri R vivi e batteri S uccisi dal calore trovò che i topi contraevano la polmonite e morivano. Il sangue di questi animali risultava pieno di batteri vivi, molti dei quali dotati delle caratteristiche del ceppo virulento S, per cui Griffith concluse che in presenza degli pneumococchi S uccisi, alcuni degli pneumococchi R vivi si erano trasformati in organismi del ceppo virulento S. Ciò dimostrava che una qualche sostanza, chiamata da Griffith fattore di trasformazione o fattore trasformante, estratta da pneumococchi S morti poteva agire sulle cellule R provocando un cambiamento ereditario.
L’ESPERIMENTO DI AVERY: IL FATTORE DI TRASFORMAZIONE È IL DNA
Nel 1944 Avery sottopose alcuni campioni contenenti il fattore di trasformazione dello pneumococco a diversi enzimi litici (enzimi che distruggono):
- proteasi per rompere le proteine;
- DNasi per rompere il DNA;
- RNasi per rompere l’RNA;
- enzimi digestivi per rompere i carboidrati;
- lipasi per rompere i lipidi.
Poi controllò se i vari campioni trattati in differenti modi conservavano o meno la capacità di trasformazione e vide che:
- se si distruggevano le proteine, i carboidrati o i lipidi del campione, l’attività trasformante continuava;
- solo se si distruggeva il DNA, l’attività di trasformazione si perdeva.
- Poi, Avery isolò il DNA puro da un campione che conteneva il fattore di trasformazione dello pneumococco e dimostrò che esso provocava la trasformazione batterica. Dunque, il lavoro di Avery stabiliva che il materiale genetico delle cellule batteriche è il DNA. Ma, quando fu pubblicato, questo lavoro non fu accettato dalla comunità scientifica, in quanto:
- molti scienziati pensavano che il DNA fosse chimicamente troppo semplice per essere il materiale genetico essendo costituito da sole 4 differenti basi azotate, specialmente se confrontato con la complessità delle proteine (costituite da 20 diversi aminoacidi);
- non si era certi che i batteri avessero geni.
GLI ESPERIMENTI DI HERSHEY E CHASE: IL MATERIALE GENETICO È IL DNA
Nel 1952 i genetisti Hershey e Chase fecero un esperimento per stabilire definitivamente se il materiale genetico fosse il DNA o le proteine: usarono il batteriofago (o fago = un virus che infetta i batteri) T2, composto quasi esclusivamente da un frammento di DNA impacchettato in un rivestimento proteico. All'epoca si sapeva che:- Quando un fago T2 attacca un batterio, una parte del virus (ma non tutto il virus) penetra nel batterio;
- Circa 20 minuti dopo l’infezione, la cellula batterica subisce una lisi (cioè una rottura) e libera numerose particelle virali (ossia si compie il cosiddetto ciclo litico).
Hershey e Chase intuirono che una qualche componente virale agiva sul programma genetico della cellula batterica ospite, obbligandola a produrre le particelle dei fagi. Per capire se fosse la proteina o il DNA del virus a penetrare nel batterio, fecero crescere i fagi in terreni con isotopi radioattivi:
- Con l’isotopo radioattivo dello zolfo 35S marcavano le proteine dei virus, in quanto esse contengono zolfo (negli amminoacidi cisteina e metionina), assente invece nel DNA;
- Con il terreno contenente l’isotopo radioattivo del fosforo 32P marcarono il DNA dei virus, dal momento che il DNA è ricco di fosforo (perché ha un alto contenuto in gruppi fosfato), assente di norma nelle proteine.
Hershey e Chase seguirono contemporaneamente due esperimenti:
- Nel primo esperimento, fecero infettare i batteri da un batteriofago marcato con 32P;
- Nel secondo esperimento da un batteriofago le cui proteine erano marcate con 35S.
Poi, le soluzioni contenenti i batteri infettati furono agitate in un frullatore, poi furono sottoposte a centrifugazione ad alta velocità per separare i soluti dalle particelle sospese secondo un gradiente di densità: i residui del virus (cioè le parti che non erano penetrate nel batterio), essendo più leggeri, rimasero nel liquido surnatante; mentre le cellule batteriche, più pesanti, si addensarono in un sedimento (detto pellet) sul fondo della provetta. Hershey e Chase scoprirono così che:
- la maggior parte di 35S (e quindi delle proteine virali) era contenuta nel liquido surnatante;
- la maggior parte di 32P (e quindi del DNA virale) rimaneva all’interno dei batteri (pellet).
Hershey e Chase dimostrarono così che la sostanza dei virus capace di riprogrammare il funzionamento della cellula batterica è il DNA che, dopo essere iniettato all'interno della cellula batterica, è responsabile della produzione di ulteriori DNA e proteine virali, mentre le proteine, restando all'esterno, non sono ereditate tra le generazioni.
Fonti:
"Biologia" - Zanichelli di David Sadava, David M. Hillis, H. Craig Heller, Sally Hacker
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