Vita Privata e Carriera Politica di Cavour


È difficile inquadrare in poche parole la figura di Camillo Benso Conte di Cavour e descrivere che cosa egli abbia realmente rappresentato per l’Italia. Senza dubbio Cavour, cambiando l’Italia, ha cambiato anche l’Europa. Secondo molti storici, Cavour è stato un politico europeo che ha stabilito la base dello Stato Italiano. Egli è stato molto probabilmente il miglior liberale della politica liberale italiana dell'Ottocento. Cavour è stato il vero artefice dell'Unità d'Italia, lo statista che ci ha dato una Patria e forse il politico più intelligente che abbiamo mai avuto alla guida dell’Italia. D’altro canto, però, è stato anche un uomo spregiudicato, un forte giocatore d'azzardo, un uomo cinico e senza scrupoli.
La storia umana e politica di Cavour si svolge attraverso le tappe della realizzazione di un'Italia unita, più ricca e più moderna. La vita di Cavour è stata una lunga avventura entusiasmante, caratterizzata da vittorie sconfitte, speranze, delusioni, ostacoli e complotti. Già Cavour nel 1848 affermava: 
Mi interessa fare l’Italia. Per mia fortuna o per mia disgrazia, io non riesco mai a pensare cose impossibili”. I
nfatti, a metà dell’Ottocento l’Italia era divisa in 7 Stati diversi:

  •        Il Nord era sotto gli Austriaci;
  •        Il Centro era sotto il potere temporale del Papa;
  •        Il Sud era governato dai Borboni;
-       Torino (ove Cavour era nato nel 1810) era la capitale del Regno di Sardegna, sotto la monarchia retta da Casa Savoia.
Molte erano state le delusioni per coloro che credevano nella possibilità di unificare la Penisola: i moti del ’48 e del ‘49 non avevano portato a grandi cambiamenti; la Prima Guerra d’indipendenza era finita con una cocente sconfitta.
Nel 1849 il re Carlo Alberto abdicò in favore di suo figlio Vittorio Emanuele. All'epoca a Torino era in vigore lo Statuto, di cui il maggiore sostenitore fu proprio Cavour. Cavour era fermamente convinto che bisognava liberare il Paese dalla dominazione straniera e usava il giornale come potente strumento d’espressione: ciò fece di lui il Padre del Risorgimento. Per portare avanti il suo piano, Cavour inizialmente puntò all'estensione territoriale del Regno piemontese. Con la frase Se il suo seguito e il mio si unissero in un programma audace, ma formalmente liberale, noi avremmo una solida maggioranza” Cavour convinse Urbano Rattazzi ad un’alleanza tra Centro-Destra e Centro-Sinistra, dando luogo al cosiddetto Connubio per mezzo del quale Cavour si garantì un’ampia maggioranza parlamentare. E così il 4 novembre 1852 Vittorio Emanuele nominò Cavour per la prima volta Presidente del Consiglio del Regno di Sardegna.
Il primo progetto di governo di Cavour fu la modernizzazione dello Stato, cominciando dalla politica ecclesiastica. In particolare, Cavour voleva laicizzare lo Stato per renderlo più moderno. Cavour, subendo anche la scomunica da parte di Papa Pio IX, promosse delle leggi per ridurre il potere temporale dello Stato pontificio e avere un paese libero dal clericalismo. Il Conte di Cavour affermò: 
Noi proclameremo la Chiesa libera in libero Stato” e “se il Papa è davvero il vicario di Cristo, che senso ha il potere temporale?”. 
Per Cavour l'intromissione della Chiesa nella vita pubblica del Paese era un'assurdità.
Per quanto riguarda le relazioni internazionali, Cavour puntò sulla diplomazia, intuendo che per l’indipendenza italiana era necessario il sostegno delle grandi Potenze. Infatti, il giovane Cavour era stato profondamente segnato dai suoi viaggi a Parigi e a Londra, tanto che affermava che “la libertà del mondo a un piede sul suolo britannico e un altro sul suolo francese”. 
Per Cavour, La Francia era essenziale in quanto tale potenza aveva interesse a rompere gli equilibri dell’Europa della metà XIX secolo. E gli interessi del Regno sabaudo in quel momento coincidevano con quelli francesi. Nel frattempo, la Russia stava progettando di espandersi verso l'area balcanica e, in vista della guerra l'Inghilterra chiese al Piemonte un contingente di soldati. Cavour ne vuole approfittare per sedere al tavolo della pace. Così, inizia a costruire un rapporto di alleanza diplomatica con la Francia e la Gran Bretagna e spedisce 18.000 uomini in Crimea, sul Mar Nero, sperando che si distinguano in battaglia.
Il 16 agosto 1855 nella Battaglia della Cernaia i soldati piemontesi contribuirono significativamente alla vittoria. Cavour ebbe così accesso al fianco delle grandi Potenze al Congresso di Parigi, dove intendeva porre la questione italiana ma, quando nell'Aprile 1856 il Congresso si chiuse, non si era ancora parlato né di Piemonte né d’Italia. Allora per portare a casa qualche risultato, anche per l’opinione pubblica interna, l’8 Aprile Cavour chiese e ottenne una seduta supplementare per parlare della questione italiana, anche se i Grandi d’Europa non indicarono soluzioni concrete. Cavour era profondamente insoddisfatto perché non aveva ottenuto nulla di concreto. Invece, l’opinione pubblica del Piemonte era rimasta entusiasta del suo risultato. E così il 6 maggio 1856 a Torino Cavour parla al Parlamento affermando “La causa d’Italia è portata ora al Tribunale della Pubblica Opinione: la lite potrà essere lunga, le peripezie saranno forse molte, ma ora noi, fidenti nella giustezza della nostra causa, aspettiamo con fiducia l’esito finale” e diventa il simbolo di chi sogna un’Italia libera dalle dominazioni straniere. Ma Cavour si rende conto che per scacciare l’Austria dall'Italia settentrionale occorre un alleato potente: la Francia di Napoleone III. Infatti, Napoleone III desiderava riportare la Francia al centro della politica europea e il principale nemico era l’Austria, lo stesso nemico del Regno di Sardegna. Cavour doveva sfruttare le ambizioni di Napoleone III per conquistare la Lombardia e il Veneto. I suoi piani rischiarono di andare in frantumi quando il 14 gennaio 1858 con un attentato dinamitardo 4 ribelli italiani, guidati dal mazziniano Felice Orsini, tentarono di uccidere Napoleone III. Fortunatamente l’imperatore francese ne uscì illeso, ma i 3 ordigni esplosi causarono 12 morti e 156 feriti. Immediatamente, i rivoluzionari vennero individuati e arrestati. Orsini venne condannato a morte. Poco prima di essere giustiziato, lo stesso Orsini scrisse in una lettera indirizzata a a Napoleone III e pubblicata su giornali: 
Vostra Maestà, non respinga il voto supremo di un patriota sulla via del patibolo: liberi la mia patria e le benedizioni di 25.000.000 di cittadini la seguiranno dovunque e per sempre”. 
Così, Napoleone III nel luglio 1858 invitò Cavour a Plombières, nella Lorena, in cui furono stipulati accordi segreti. Tre furono le condizioni imposte da Napoleone III:

  •         Nizza e Savoia dovevano passare alla Francia;
  •         il cugino dell’imperatore, Gerolamo detto Plon Plon, dovrà sposare Maria Clotilde di Savoia, la figlia quindicenne di Vittorio Emanuele;
  •         si sarebbe fatta guerra solo se fosse stata l’Austria ad attaccare il Regno di Sardegna.
Si dice anche Cavour spinse sua cugina Virginia Oldoini Contessa di Castiglione a sedurre Napoleone III per convincerlo ad appoggiare la sua causa. Dopo la sua “missione” di seduzione, la contessa morì in solitudine, emarginata e perseguitata, e gli agenti di Napoleone distrussero il suo diario e le lettere che documentavano la loro relazione. Nel luglio 1858 Cavour iniziò a provocare l’Austria:

  1. -       sfruttando i moti patriottici;
  2. -       chiamando Giuseppe Garibaldi e incaricandolo di reclutare dei volontari e mobilitarli verso la frontiera austriaca;
  3. -       facendosi sostenere dal re Vittorio Emanuele II e da Napoleone III con il Grido di dolore, pronunciato alla camera il 10 gennaio 1859: “Non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi”.
Finalmente il 24 Aprile 1859 al Regno di Sardegna arrivò l'ultimatum del governo austriaco e Cavour avviò così la Seconda guerra d'indipendenza: 200.000 soldati francesi affiancarono l'esercito piemontese in una serie di battaglie violentissime, conseguendo le vittorie di Solferino e di San Martino e conquistando la Lombardia. In Francia, però, Napoleone III venne fortemente criticato dall'opinione pubblica perché nella battaglia di Solferino erano morti più di un migliaio di uomini in una sola giornata. Così, Napoleone iniziò a trattare la tregua con l'imperatore austriaco Francesco Giuseppe a Villafranca, sul lago di Garda. Appena lo venne a sapere, Cavour lasciò Torino e si precipitò a Villafranca, dove scoprì che il re piemontese Vittorio Emanuele II aveva già accettato l’armistizio di Villafranca tra le 2 grandi Potenze. 
A mezzanotte del 10 luglio 1859 furibondo Cavour raggiunse il re in una villa di Monzambano e gli disse: “Vostra Maestà, abdichi”. E il re gli rispose “A questo ci devo pensare io che sono il re”. Cavour ribatté “In questo momento il vero re sono io”. In seguito a questo durissimo scontro col re, Cavour si dimise da Presidente del Consiglio, intenzionato ad abbandonare la politica e a ritirarsi a vita privata, trascorrendo gli ultimi mesi del 1859 allietato solo dalla compagnia consolatrice di un’ex ballerina divorziata, Bianca Ronzani, l’ultima donna della sua vita. Nel frattempo, al governo Cavour era stato sostituito con il generale Alfonso La Marmora ma, quando all'inizio del 1860 gli Stati dell'Italia centrale invocavano l'annessione al Regno di Sardegna, il re non potette fare altro che richiamare Cavour al potere. 
L’ultimo e più grande successo di Cavour è rappresentato dall'unità d’Italia, l'obiettivo di una vita intera, raggiunto grazie alla sua capacità di giocarsi le carte migliori nei momenti più cruciali, come fece nel 1860 alla vigilia della spedizione dei Mille. Infatti, nel Maggio 1860 da Torino Cavour teneva d'occhio le mosse di generale Giuseppe Garibaldi, avendo saputo che egli stava radunando 1000 volontari per conquistare il Regno delle Due Sicilie. In relazione a ciò, Cavour affermava:
Garibaldi può avere tutti i difetti, ma non è un uomo tanto sciocco da avventurarsi in un'impresa disperata” 
e quindi decise di sfruttare un eventuale risultato garibaldino per ricavarne vantaggi politici, senza esporsi troppo, e per tale motivo dichiarò:
per il momento io faccio come gli inglesi: aspetto e sto a guardare”.
Il 5 maggio 1860, avendo sentito che era imminente una rivolta popolare in Sicilia, Garibaldi e i Mille partirono per la Sicilia. Contemporaneamente, da Torino Cavour inviò un ordine tassativo a Cagliari e a Sassari: disse al comandante della Marina piemontese Carlo Pellion di Persano di arrestare i Garibaldini nel caso che entrassero nelle acque sarde. In questa occasione, Cavour mantenne un atteggiamento molto ambiguo, tanto che lo stesso comandante del porto di Cagliari affermò che, a causa delle molteplici e opposte indicazioni fornitegli, non sapeva bene cosa fare coi Garibaldini. In realtà, Cavour si comportò così cautamente perché non voleva accostare alla sua persona idee rivoluzionarie, com'era la soluzione garibaldina.
L’11 Maggio 1860 i Mille sbarcano in Sicilia e in circa 3 mesi Garibaldi sconfissero l’esercito borbonico, conquistando tutta l’isola. Nonostante Garibaldi dichiarasse apertamente che la sua spedizione aveva per motto “Italia e Vittorio Emanuele”, gran parte dei Garibaldini erano o democratici o mazziniani, perciò Cavour era molto preoccupato e decise di mandare in Sicilia degli uomini fidati, tra i quali Giuseppe La Farina, al fine di controllare l’operato di Garibaldi.
Allora, quando Garibaldi risalendo l’Italia arrivò a Napoli, capitale del Regno delle due Sicilie, e poi puntava a raggiungere Roma e lo Stato pontificio, protetto dall'esercito francese, Cavour per scongiurare una crisi internazionale decise di fermarlo. Inviò l’esercito subalpino attraverso le Marche e l’Abruzzo e con la battaglia del Volturno costrinse le Camicie rosse ad arrendersi. Garibaldi il 26 ottobre 1860 a Teano consegnò il Regno delle Due Sicilie a Vittorio Emanuele. Poi Garibaldi si ritirò a Caprera e, quando il governo creò l’esercito nazionale, chiese l’arruolamento dei suoi Garibaldini, ma Cavour si oppose fermamente, affermando che “l’obiettivo del governo non è la felicità personale del generale”, in quanto:
-       non poteva far entrare nell'esercito regolare degli uomini che non avevano nemmeno tutte le qualità necessarie per farne parte;
-       intendeva sottolineare che l’Unità dello Stato era stata opera di Casa Savoia e dei politici vicini a Casa Savoia.
Con i Plebisciti dell’autunno del 1860, i territori conquistati entrarono a far parte del nuovo Stato e, quando nacque il regno d’Italia, Cavour venne riconfermato Presidente del Consiglio. Nell'Aprile 1861 in Parlamento dovette affrontare Garibaldi, che ormai rappresentava il suo maggior avversario. Garibaldi lo accusò asserendo “Non c’era nessuna anarchia o nessun pericolo d’anarchia. C’era solo la fredda e nemica mano di questo Governo che tentava di provocare una guerra fratricida”. Cavour replicò che quella frase era un’offesa e poi si sentì male. Nel maggio 1861 fu colpito da febbre malarica e il 6 giugno 1861 morì nella sua casa di Torino.


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