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STELLE, GALASSIE, UNIVERSO

La Terra è uno degli otto pianeti che orbitano attorno al Sole. Il Sole e le altre stelle formano la nostra galassia, la Via Lattea, una delle tantissime galassie presenti nell’Universo. In passato, si pensava che il nostro Pianeta fosse al centro dell'Universo. Tra il 600 a.C. e il 150 d.C. gli antichi greci, sfruttando le basi della geometria e della trigonometria, praticavano l’astronomia, la scienza che studia le leggi dell'Universo e i corpi celesti, arrivando a misurare le dimensioni e le distanze del Sole e della Luna. Gli antichi greci adottarono e perfezionarono il modello geocentrico per descrivere il moto apparente dei corpi celesti: al centro dell'Universo ponevano la Terra, simile a una sfera immobile. Per loro ogni corpo celeste manteneva la stessa posizione rispetto agli altri, tranne i 7 "corpi mobili", cioè i 5 pianeti allora noti (Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno), il Sole e la Luna, che essi pensava orbitassero intorno alla Terra seguendo una traiettoria circolare. Tutto intorno c’era una sfera cava trasparente, la sfera celeste. L’astronomo greco Aristarco di Samo (312-230 a.C.), grazie alla geometria, capì che la distanza Sole-Terra fosse molto maggiore di quella Terra-Luna e che il Sole fosse molto grande della Terra. Pertanto, ipotizzò un modello eliocentrico dell'Universo: al centro dell'Universo non c’era la Terra, ma il Sole. Tuttavia, il filosofo Aristotele (384- 322 a.C.) appoggiava modello geocentrico, fu quest'ultimo modello a dominare il pensiero occidentale per quasi 2000 anni. L'astronomia moderna nacque grazie a 4 scienziati: Copernico, Keplero, Galileo e Newton. Il polacco Nicolaus Copernicus (italianizzato Copernico) pensava che la Terra fosse solo un pianeta, come gli altri 5 pianeti allora conosciuti, e costruì un modello del Sistema Solare con il Sole al centro e i pianeti (Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove e Saturno) in orbita intorno a esso secondo orbite circolari, perché riteneva che la circonferenza fosse la forma geometrica perfetta. La teoria eliocentrica di Copernico fu ripresa da Johannes Kepler (italianizzato Keplero) che, sfruttando anche le ricerche del suo maestro Tycho Brahe, ricavò 3 leggi: 1. La prima legge di Keplero: i pianeti ruotano attorno al Sole seguendo orbite ellittiche, di cui il Sole occupa uno dei fuochi. L’altro fuoco si trova dalla parte opposta rispetto al centro. 2. La seconda legge di Keplero: il raggio vettore, cioè la linea immaginaria che unisce un pianeta al Sole, descrive aree uguali in tempi uguali, per cui un pianeta si muove più veloce quando è vicino al Sole (perielio) e più lentamente quando è lontano dal Sole (afelio). 3. La terza legge di Keplero: il quadrato del periodo orbitale (tempo impiegato da un pianeta per girare intorno al Sole) è proporzionale al cubo della sua distanza media dal Sole. Quindi, i pianeti più vicini al Sole impiegano tempi più brevi dei pianeti più lontani. Giove impiega 12 anni, mentre Venere 88 giorni. Così, sapendo quanto tempo impiegano, è possibile calcolare la distanza dei pianeti dal Sole, espressa in unità astronomiche (U.A), corrispondente alla distanza media tra Terra e Sole, cioè circa 150 milioni di chilometri. Keplero però non riuscì a capire quali forze determinano il moto dei pianeti intorno al Sole. Lo scienziato italiano Galileo Galilei (1564-1642), durante il Rinascimento, sostenne la teoria copernicana e descrisse il comportamento dei corpi in moto, affermando che non serve alcuna forza per mantenere un corpo in moto, perché un corpo in movimento tende spontaneamente a mantenere un moto rettilineo uniforme, senza che agiscano forze esterne (il concetto di inerzia che poi Newton formalizzò nella sua prima legge). Galileo, partendo un sistema di lenti messo a punto da ottici olandesi, costruì il suo primo telescopio, con cui ingrandiva oggetti lontani e riuscì così a osservare l’Universo in un modo completamente nuovo, scoprendo i satelliti naturali di Giove, le fasi di Venere e la rotazione del Sole. Basandosi sul principio di inerzia di Galileo, lo scienziato inglese lsaac Newton (1602-1727) capì che era la forza di gravità a impedire ai pianeti in movimento di allontanarsi dalla linea retta nello spazio cosmico e formulò la legge di gravitazione universale: un corpo attrae a sé un altro corpo con una forza direttamente proporzionale al prodotto delle rispettive masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. La forza gravitazionale perciò diminuisce all'aumentare della distanza tra i corpi ed aumenta all’aumentare la massa dei corpi. Per esempio, la massa della Luna esercita una forza gravitazionale che causa le maree degli oceani terrestri. Newton dimostrò che la forza di gravità e la tendenza di un pianeta a mantenere un moto rettilineo uniforme determinano la forma ellittica della sua orbita, come previsto da Keplero. La Terra, per esempio, percorre circa 30 km in un secondo e durante questo intervallo di tempo e deviata verso il Sole di circa 0.5 cm rispetto a una linea retta. Il suo moto orbitale per Newton corrisponde alla combinazione della “caduta” verso il Sole e della naturale tendenza al moto rettilineo uniforme. Pertanto, se la gravità cessasse, la Terra proseguirebbe nel suo moto rettilineo nello spazio; se si bloccasse Il moto in avanti della Terra, la gravità la farebbe piombare direttamente verso il Sole. LE STELLE 5000 anni fa gli uomini cominciarono a dare nomi mitologici e fantasiosi alle Costellazioni, cioè alle figure disegnate dagli insiemi di stelle che a occhio nudo sembrano vicine, ma che in realtà non lo sono affatto. Oggi le costellazioni vengono ancora adoperate per dividere il cielo in unità. Le distanze astronomiche In astronomia come unità di misura per esprimere la distanza dei corpi celesti si usa l’anno luce (a.l.) che corrisponde alla distanza che la luce percorre in un anno, cioè circa 9500 miliardi di Km. Le proprietà delle stelle Le informazioni sulle stelle si ricavano dall'analisi delle radiazioni elettromagnetiche. Le proprietà più importanti delle stelle sono la luminosità, il colore e la temperatura, la massa, le dimensioni e la densità. Lo spettro elettromagnetico La luce visibile è solo una piccola frazione delle radiazioni elettromagnetiche che formano lo spettro elettromagnetico. È una forma di energia che, nel vuoto, si propaga in linea retta alla velocità di 300 000 km/s. Le radiazioni elettromagnetiche possono essere descritte come onde e come particelle. Come le onde, le radiazioni elettromagnetiche sono caratterizzate dalla lunghezza d'onda (la distanza tra due picchi dell'oscillazione), che può variare dai Km fino ai miliardesimi di mm. La luce visibile è composta da un insieme di lunghezze d'onda corrispondenti ai colori dell'arcobaleno. Le radiazioni ultraviolette, i raggi X e i raggi gamma hanno lunghezze d'onda minori della luce visibile, mentre le radiazioni infrarosse (che percepiamo sotto forma di calore), le microonde e le onde radio hanno lunghezze d'onda maggiori. Le radiazioni elettromagnetiche si comportano anche come particelle, i fotoni, che trasportano energia e possono interagire con la materia. La luminosità delle stelle, misurata dalla Terra, è detta luminosità apparente: essa dipende dalle caratteristiche intrinseche di una stella e dalla sua distanza dal nostro pianeta. La luminosità assoluta invece è la quantità di energia irradiata nell'unità di tempo da una stella. Essa dipende solo dalle dimensioni e dalla temperatura della stella. Il greco Ipparco di Nicea classificò circa 850 stelle, registrando per ognuna la posizione grazie a un sistema di coordinate sulla sfera celeste, con la massima precisione allora possibile. Ipparco pensava che tutte le stelle fossero alla medesima distanza e, quindi, che le stelle più luminose fossero anche le più grandi. Da qui il termine magnitudine, il parametro da lui usato per classificare le stelle in 6 gruppi. Al primo gruppo appartenevano le stelle di prima grandezza, al secondo gruppo quelle un po' più deboli, e via via fino al sesto gruppo, al quale appartenevano le stelle più deboli visibili in una notte serena senza Luna da un uomo dalla vista perfetta. L’unità in questa scala e circa 2.5 per cui una stella di prima magnitudine si trova a essere 2.5 volte più luminosa di una stella di seconda magnitudine. Questo primo sistema di misurazione della luminosità (cioè la magnitudine) degli astri, modificato nel corso dell'Ottocento, viene utilizzato ancora oggi. Oggi gli astronomi usano ancora la definizione di magnitudine, ma la distinguono in apparente e assoluta: 1. La magnitudine misurata da Ipparco era solo apparente, in quanto egli registrava unicamente la luminosità degli astri rilevabile dalla Terra; 2. La magnitudine assoluta è la grandezza o la luminosità effettiva della stella, cioè quanta luce essa emette realmente. A partire dal secolo scorso, perfezionando gli strumenti astronomici, la scala delle magnitudini si è ampliata, anche con numeri negativi per indicare le stelle più brillanti. Sono state scoperte molte stelle non visibili a occhio nudo, e attualmente si va ben oltre la magnitudine 6 di Ipparco: i grandi telescopi superano la magnitudine 20. Per determinare la magnitudine assoluta di una stella, dobbiamo immaginare di allinearle tutte alla stessa distanza, fissata dagli astronomi a 32,6 anni luce dalla Terra. Conoscendo la magnitudine apparente e la sua distanza dalla Terra, si può quindi calcolare la magnitudine assoluta di una stella, e viceversa. Il colore e la temperatura delle stelle In una notte di cielo serena, riusciamo a distinguere il colore di alcune stelle brillanti, che non è sempre lo stesso: esistono stelle azzurre, bianche, gialle, arancioni e rosse. Tra la temperatura superficiale di una stella e il suo colore vale la relazione: 1. le stelle molto calde appaiono di colore blu; 2. le stelle con una temperatura intermedia, come il Sole, appaiono gialle; 3. le stelle più fredde sono rosse. I diagramma H-R All'inizio del 1900, gli astronomi misero in relazione la temperatura superficiale delle stelle e la loro magnitudine assoluta grazie al grafico noto come diagramma di Hertzsprung-Russell o diagramma H-R che ha permesso di ricostruire l'evoluzione delle stelle: 1. il 90% delle stelle si trova lungo una fascia diagonale detta sequenza principale; 2. in alto a destra ci sono le giganti o supergiganti rosse (stelle molto grandi e luminose); 3. in basso e al centro ci sono le nane bianche (stelle molto piccole e poco luminose). L'evoluzione delle stelle Una stella nasce, invecchia e muore nel corso di miliardi di anni. Gli astronomi hanno costruito un modello accettabile per spiegare l'evoluzione di una stella, studiando diverse stelle nei diversi stadi di sviluppo. La nascita di una stella Le stelle nascono da nebulose fredde e scure, formate da gas (soprattutto idrogeno) e polveri sparse nelle galassie, che iniziano a contrarsi per mezzo della forza di gravità. Contraendosi, la nebulosa diventa sempre più densa e più calda, e nella sua parte centrale si forma una protostella. Quando la temperatura nel nucleo della protostella raggiunge i 10 milioni di kelvin si ha la fusione termonucleare dell'idrogeno, cioè i 4 nuclei di idrogeno (i 4 protoni) si trasformano in un nucleo di elio, e una piccola percentuale della massa di idrogeno si trasforma in un'enorme quantità di energia. La protostella diventa così una stella. Lo stadio di sequenza principale L'energia termica liberata dalla fusione dell'idrogeno fa aumentare la pressione dei gas, diretta verso l'esterno, che si oppone alla forza di gravità, diretta invece verso l'interno. Quando queste due forze si controbilanciano, la stella raggiunge un equilibrio stabile ed entra a far parte della sequenza principale. Una stella trascorre di solito in questo stadio il 90% della sua vita, anche qualche miliardo di anni, consumando gradualmente l'idrogeno presente nel nucleo. Come muore una stella Quando una stella consuma tutto l'idrogeno nel suo nucleo, la pressione dei gas cala e la gravità fa collassare la stella. A seconda della sua massa iniziale della stella, avremo che: 1. le stelle piccole (pari a metà del Sole), rosse e fredde, consumano lentamente il loro idrogeno, rimanendo stabili per 100 miliardi di anni. Alla fine collassano in una nana bianca, una stella molto piccola e poco luminosa che smette di contrarsi e, col tempo, si raffredda, diventando infine un corpo piccolo, freddo e oscuro, chiamato nana nera; 2. una stella media (0,5-8 volte la massa del Sole) consumano l'idrogeno nel nucleo, la pressione scende e la forza di gravità fa collassare la stella ma, durante la contrazione, la temperatura del nucleo aumenta nuovamente, facendo ricominciare la fusione dell'idrogeno negli strati circostanti, per cui la stella si espande, formando un corpo enorme e più luminoso dello stadio di sequenza principale. Contemporaneamente, la superficie della stella si raffredda e diventa una gigante rossa. Queste stelle non sono molto stabili e possono verificarsi variazioni della luminosità e delle dimensioni, dette stadio di variabile. Finito il gas, la gigante rossa collassa e si trasforma in una nana bianca, espelle materia dagli strati più esterni e forma una nebulosa planetaria, cioè un involucro sferico di gas in rapida espansione; 3. le stelle grandi (8-10 volte la massa del Sole), quando consumano tutto l'idrogeno, vanno incontro a un collasso gravitazionale, e aumenta la temperatura del nucleo, fino a 100 milioni di kelvin. Pertanto, si ha fusione dell'elio che viene convertito in carbonio e ossigeno che, a loro volta, vengono convertiti in ferro. La stella assume una struttura a strati concentrici, in ognuno dei quali si svolgono reazioni termonucleari diverse a seconda della temperatura. La grande quantità di energia sprigionata fa espandere la stella, che diventa una supergigante rossa, stadio che può durare alcuni milioni di anni. Quando la stella consuma tutti i suoi combustibili, la gravità provoca un'implosione improvvisa ed enorme, che rimuove gli strati più esterni della stella con l’effetto di un’esplosione, chiamata supernova: la stella diventa molto più luminosa e poi dà origine a: o una stella di neutroni, composta da neutroni derivanti dall'unione tra protoni ed elettroni compressi dalla gravità; con un’altissima densità; o un buco nero, con una densità ancora maggiore delle stelle di neutroni. Esso genera una forza di gravità così intensa che attrae anche la luce e, per questo, esso risulta invisibile. Qualsiasi cosa si trovasse a passare nel raggio d'azione di un buco nero verrebbe risucchiata per sempre dalla sua gravità. Secondo molti scienziati, un buco nero si trova al centro di numerose galassie, compresa la nostra. Il Sole Il Sole è la principale fonte di energia della Terra. A causa della sua luminosità e delle radiazioni emesse, osservare il Sole direttamente è dannoso per la vista, ma occorre usare un telescopio, proiettare la sua immagine su un cartoncino posto dietro all'oculare. Il Sole è una stella di media grandezza, ha un diametro medio di 1,35 milioni di chilometri e un volume 1,25 milioni di volte maggiore a quello della Terra ma, dato che è interamente costituito da gas, ha una densità media di 14 g/cm3, cioè 1/4 di quella della Terra. La struttura del Sole Il Sole è diviso in 3 parti: L'interno del Sole; la fotosfera; l'atmosfera solare. 1. L'interno del Sole è a sua volta costituito da 3 parti: il nucleo; la zona radiativa; la zona convettiva. La fonte dell'energia solare è la fusione termonucleare che avviene nel nucleo, in cui la temperatura è di circa 15 milioni di kelvin: l’idrogeno si trasforma in elio liberando una grande quantità di energia. Man mano che l'idrogeno si consuma, l'elio prodotto fa aumentare le dimensioni del nucleo. L’energia prodotta nel nucleo si propaga verso la zona radiativa, sotto forma di radiazione elettromagnetica. Nella zona convettiva l'energia elettromagnetica viene trasformata in energia termica e trasportata verso l'esterno da moti convettivi, formando flussi di materia più calda che sale verso la superficie, si raffredda e poi scende di nuovo in profondità. 2. La fotosfera è la superficie visibile del Sole, il disco luminoso che vediamo. È un involucro di gas incandescenti (con una temperatura compresa tra 5000 e 6000 K), spesso circa 500 km, con una pressione che è meno di 1/100 di quella terrestre. La fotosfera presenta numerosi "granuli" luminosi, di circa 1000 km di diametro, che appaiono circondati da sottili zone scure. Corrispondono ai flussi di gas più caldi affiorati in superficie dalla zona convettiva. In superficie i gas si espandono lateralmente, si raffreddano e perdono luminosità e poi sprofondano di nuovo verso l'interno. Ogni granulo dura circa 10 minuti e, dato che si muovono continuamente, sembra che la fotosfera ribolla. Più del 90% degli atomi della superficie del Sole sono atomi di idrogeno, quasi il 10% sono atomi di elio, mentre gli altri elementi chimici osservati sono presenti solo in tracce. 3. L'atmosfera solare è la parte più esterna del Sole. È formata da 2 strati visibili durante le eclissi totali di Sole (cioè quando la Luna oscura la luminosità della fotosfera): la cromosfera e la corona. La cromosfera è un sottile involucro di gas incandescenti (7000 K), spesso poche migliaia di Km, che costituisce lo strato più "freddo" dell'atmosfera solare. La cromosfera, osservata grazie a strumento che filtra la luce della fotosfera, appare come un sottile anello rosso intorno al Sole. Alla sommità della cromosfera vi sono numerose spicole, prodotte dai moti turbolenti dei granuli sottostanti. La corona è uno strato di gas ionizzati molto rarefatti, che si estende fino a un milione di Km dalla fotosfera. La temperatura del gas aumenta man mano che ci si allontana dalla fotosfera e arriva esternamente fino a 1 milione di K. All’esterno, i gas ionizzati hanno un'energia sufficiente a sfuggire all'attrazione gravitazionale del Sole e costituiscono il vento solare, che interagisce con i corpi del Sistema Solare, per esempio colpisce le rocce lunari modificandone l'aspetto. Il campo magnetico terrestre impedisce al vento solare di raggiungere la superficie della Terra, ma le particelle del vento solare, interagendo con la nostra atmosfera, danno origine alle aurore polari. L'attività solare è l'insieme dei fenomeni che avvengono nel Sole e che influenzano la quantità di energia che esso diffonde. Il Sole è una stella molto stabile, ma l'energia irradiata varia di intensità (0,1%) nel corso di un ciclo di attività, che dura in media 11 anni, che viene evidenziato dalle macchie solari, che sono delle grandi macchie scure che per primo Galileo capì che si trovavano sulla superficie solare e, dal loro moto, ipotizzò che il Sole ruotasse intorno al proprio asse con un periodo di circa un mese. In seguito, si è visto che non tutte le zone del Sole ruotano alla stessa velocità: - l’Equatore solare compie una rotazione completa in 25 giorni - le zone situate a 70° a nord e a sud dell'equatore solare impiegano 33 giorni. Il moto di rotazione non uniforme è una prova della natura gassosa del Sole. Le macchie solari appaiono scure perché la loro temperatura è inferiore di circa 1500 K rispetto al resto della superficie. Il numero di macchie osservabili sul disco solare varia secondo un ciclo di 11 anni. All'inizio del ciclo il loro numero aumenta, fino a un massimo di 100 macchie visibili contemporaneamente. In 5-7 anni, il numero di macchie diminuisce (poche o nessuna). Le protuberanze sono enormi strutture simili a nubi allungate che sporgono dalla cromosfera. Le protuberanze sono formate da gas ionizzati e si possono osservare quando si manifestano lungo il margine del disco solare, dove appaiono come grandi getti a forma di arco che si estendono dalla cromosfera alla corona. I brillamenti sono brevi esplosioni che durano circa un'ora. Si manifestano come un improvviso aumento della luminosità della regione al di sopra di un gruppo di macchie e liberano enormi quantità di energia, sotto forma di radiazioni ultraviolette, onde radio e raggi X. Contemporaneamente, vengono espulse particelle subatomiche (elettroni e protoni) ad alta velocità, che fanno aumentare l’intensità del vento solare. Il giorno dopo, le particelle espulse raggiungono la Terra, disturbando le comunicazioni radio a lunga distanza. Sulla Terra i brillamenti solari causano le aurore polari in prossimità dei poli magnetici: le aurore boreali e le aurore australi. Dopo un forte brillamento la zona più alta dell'atmosfera terrestre si accende con luminescenze colorate visibili per più notti. Anche le aurore seguono il ciclo di 11 anni delle macchie solari. Le galassie e le sorti dell'Universo La Via Lattea, la nostra Galassia, appare come una fascia lattiginosa che attraversa la volta celeste. Galileo fu il primo ad accorgersi, col suo telescopio, che la Via Lattea è in realtà formata da infinite stelle che a occhio nudo non si distinguono. I tipi di galassia e la Via Lattea La Via Lattea è una delle infinite galassie dell'Universo. Le galassie sono raggruppamenti di stelle, gas, polveri, pianeti e altri corpi celesti, come asteroidi e comete. Le galassie vengono classificate in: - galassie a spirale → hanno la forma di un disco al cui centro si trovano la maggiore parte delle stelle. Dal disco si estendono i bracci che conferiscono alla galassia l'aspetto a girandola. Nelle galassie a spirale barrata, le stelle formano una "barra" rigida e da cui si dipartono bracci curvi a spirale. Di solito, le galassie a spirale sono grandi, con un diametro di 20 000-125 000 anni luce. Quasi il 10% di tutte le galassie è a spirale barrata, mentre il 20% è a spirale "normale"; - galassie ellittiche → il 60% delle galassie è di tipo ellittico, a volte quasi sferico, senza bracci. Di solito, le galassie ellittiche sono più piccole di quelle a spirale; - galassie irregolari → il 10% delle galassie ha forma irregolare, es. la Grande e la Piccola Nube di Magellano. La Via Lattea è una galassia a spirale piuttosto estesa, con un disco largo circa 100 000 anni luce e uno spessore di circa 15 000 anni luce. È composta da oltre 200 miliardi di stelle e presenta 2 grandi bracci a spirale maggiori, da cui partono altri bracci minori. Il Sole si trova in uno di questi bracci, a circa 30 000 anni luce dal centro. Le stelle dei bracci della Via lattea ruotano attorno al centro della galassia, mentre le stelle più esterne si muovono più lentamente. Il Sole impiega circa 200 milioni di anni per compiere un’orbita completa intorno al centro. L'Universo in espansione Nel 1842 il fisico austriaco Christian Doppler (1803-1855) studiò un fenomeno che avviene nella propagazione di tutti i tipi di onde che permise di stabilire che le galassie si stanno allontanando le une dalle altre e che, quindi, l'Universo si sta espandendo. L'effetto Doppler è la variazione della frequenza percepita di un suono ogni qual volta che un osservatore rileva la frequenza dell'onda mentre si trova in moto. È sperimentabile quotidianamente quando ad esempio sentiamo arrivare verso di noi o allontanarsi da noi una sirena. È dovuto al fatto che un’onda sonora emessa da una sorgente impiega un certo tempo per raggiungere il nostro orecchio. Pertanto, se nel frattempo la sorgente sonora si avvicina, l'onda sembra comprimersi perché la lunghezza d'onda diminuisce, mentre quando la sorgente si allontana, la lunghezza d’onda aumenta. Anche la luce ai comporta come un’onda. La diversa lunghezza d’onda della luce visibile determina i diversi colori. Quando la luce bianca si scompone con un prisma di vetro, si separarono le diverse lunghezze d’onda, dando luogo ai diversi colori. - Quando una sorgente luminosa si allontana dall’osservatore, la luce emessa appare più rossa; - quando si avvicina, sembra più blu. Questo è l’effetto Doppler, sfruttato per capire se la Terra e un altro corpo celeste si stanno avvicinando o allontanando tra di loro. Lo spostamento verso il rosso e la legge di Hubble Edwin Hubble (1889-2953) nel 1929 osservò che l’effetto Doppler misurato per la maggior parte delle galassie mostrava uno spostamento verso il rosso, indicando che la galassia e la Terra si stanno allontanando l’uno dall’altra. Hubble scoprì che le galassie più distanti mostravano spostamenti verso il rosso maggiori e dedusse che si allontanano da noi più velocemente rispetto a quelle vicine. Formulò allora la legge di Hubble: le galassie si allontanano da noi a una velocità proporzionale alla loro distanza, in accordo con l’ipotesi che l'universo è in espansione. L'evoluzione dell’Universo Il concetto di Universo in espansione ha portato alla teoria del big bang, la “grande esplosione” che permette di spiegare l'origine dell’Universo: circa 13,7 miliardi di anni fa una fortissima esplosione di un “punto” con temperatura e densità elevatissime, creando tutta la materia, lo spazio e il tempo. Da allora l'Universo continua a espandersi e raffreddarsi. Poi si formarono e stelle e le galassie. Il destino dell'Universo L'espansione dell'Universo sta accelerando perché: - la materia ordinaria (pianeti, stelle e gas) rappresenta solo meno del 5% della massa complessiva dell'Universo; - Il restante 95% è formato da:  Materia oscura = costituisce il 25% dell'Universo, non è osservabile direttamente, ma che intuiamo grazie agli effetti gravitazionali che esercita sulle stelle e galassie;  energia oscura = una forma di energia che esercita una forza opposta a quella di gravità; costituisce il 70% dell'Universo che, a causa della predominanza di energia oscura, starebbe accelerando la sua espansione.

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