Di sera, Dante arriva davanti alla porta dell'inferno dove legge la terribile frase incisa su di essa, scura e misteriosa. Virgilio, però, prende per mano il suo timoroso discepolo e lo introduce nelle "segrete cose", ma l'orrore infernale è troppo grande e Dante comincia a piangere. Cerca di superare la viltà, frena le sue lacrime, ma non riesce a fare altrettanto con il dubbio e spavento che gli cingono la testa come un cerchio di ferro. Dante sente i pianti, i sospiri, i lamenti, le voci adirate, le bestemmie contro Dio e contro il genere umano e la propria stirpe di moltissimi dannati che riempiono l'atmosfera scura come il turbine che agita le spiagge sabbiose del mare. Confuso e smarrito, Dante desidera sapere chi siano le anime così punite. Sono gli ignavi, coloro che hanno vissuto "sanza infamia e sanza lodo", senza partito e senza ideali, pigri e neutrali, insieme agli angeli che non si schierarono né a favore di Dio né dalla parte di Lucifero al momento della ribellione. Per la legge del contrappasso, la loro pena è il dover correre incessantemente dietro un'insegna anonima, mentre mosconi e vermi si nutrono del loro sangue mescolato alle loro lacrime. Virgilio consiglia a Dante "non ragioniam di loro, ma guarda e passa". Il poeta poi riconosce nella massa anonima il grande anonimo "colui che fece per viltà il gran rifiuto" (forse Papa Celestino V). Più avanti Dante nota un gruppo di anime sulla sponda dell'Acheronte, il fiume infernale e si chiede chi siano e perché siano così impazienti di attraversare il fiume. All'improvviso giunge su una barca il vecchio Caronte, il traghettatore infernale, dalla barba e dai capelli bianchi, pieno di ira che grida contro gli infelici che attendono la sua barca. Quando scorge Dante, vivo, Caronte gli intima di andarsene, ma Virgilio obbliga al silenzio il vecchio nocchiero dicendogli che il viaggio di Dante è voluto direttamente da Dio. Infine, Dante perde i sensi.
I complici di Catilina TESTO LATINO - S allustio, De coniuratione Catilinae, 14. In tanta tamque corrupta civitate Catilina, id quod factu facillimum erat , omnium flagitiorum atque facinorum circum se tamquam stipatorum catervas habebat . Nam quicumque impudicus adulter ganeo manu ventre pene bona patria laceraverat , quique alienum aes grande conflaverat , quo flagitium aut facinus redimeret , praeterea omnes undique parricidae sacrilegi convicti iudiciis aut pro factis iudicium timentes , ad hoc quos manus atque lingua periurio aut sanguine civili alebat , postremo omnes quos flagitium egestas conscius animus exagitabat , ii Catilinae proximi familiaresque erant . Quod si quis etiam a culpa vacuus in amicitiam eius inciderat , cotidiano usu atque illecebris facile par similisque ceteris efficiebatur . Sed maxime adulescentium familiaritates appetebat : eorum animi molles etiam et [aetate] fluxi dolis haud difficulter capiebantur . Nam ut cuiusque studium ex aetate f...
Commenti
Posta un commento