Passa ai contenuti principali

Le colonne d'Ercole

 La statua chiamata Colonne d'Ercole, sita nello stretto di Gibilterra, separa l'Europa dall'Africa e allo stesso tempo collega il Mediterraneo con l'Oceano Atlantico.


 Il termine "Colonne d'Ercole" si riferisce a una leggenda dell'antica Grecia. Le Colonne d'Ercole erano infatti i due promontori che, secondo la mitologia greco-romana, segnavano i limiti del mondo conosciuto. Questi promontori sono oggi identificati con il Monte Hacho a Ceuta (oppure il Monte Jebel Musa) sulla costa africana (in Marocco), e la Rocca di Gibilterra sulla costa europea (in Spagna).



Le Colonne d'Ercole sono simboli mitologici che rappresentano i confini tra il Mar Mediterraneo e l'Oceano Atlantico, separando idealmente l'Europa dall'Africa. In tempi antichi, passare oltre queste "colonne" significava avventurarsi in territori sconosciuti e pericolosi. Infatti, le Colonne d'Ercole erano considerate il confine ultimo del mondo esplorato dai Greci e dai Romani, oltre il quale si estendeva l'ignoto, simboleggiato dall'Oceano Atlantico. Il NON PLUS ULTRA (Non andare oltre!) dell'antichità.






Nella mitologia e nella letteratura antica, le Colonne d'Ercole sono spesso associate a Ulisse in quanto simbolo del superamento dei limiti umani conosciuti e della ricerca dell'ignoto. Si narra, infatti, che Ulisse, durante il suo viaggio di ritorno a Itaca, si avventurò oltre i confini del mondo allora conosciuto e affrontò numerose prove e avventure, proprio come chiunque tentasse di oltrepassare le Colonne d'Ercole. A sottolineare la gravità di tale azione fu il Sommo Poeta, Dante Alighieri, secondo il quale Ulisse si macchiò dell'infamante peccato di aver tentato un viaggio impossibile, al di là delle colonne d'Ercole, per la sua infinita brama di conoscenza. Nonostante la negativa visione dantesca, Ulisse rimane tutt'oggi una leggenda: l'eroe viaggiatore, l'eroe della sfida e dell'intelligenza.



L'espressione "superare le Colonne d'Ercole" è diventata nel tempo una metafora per indicare il superamento dei limiti conosciuti o delle proprie capacità.

Commenti

Post popolari in questo blog

MARZIALE, Per la morte della piccola Eròtion

TRADUZIONE CONTRASTIVA: MARZIALE, Per la morte della piccola Eròtion Epigramma V, 34 Hanc tibi, Fronto pater, genetrix Flaccilla, puellam oscula commendo deliciasque meas, parvola ne nigras horrescat Erotion umbras oraque Tartarei prodigiosa canis. Impletura fuit sextae modo frigora brumae, vixisset totidem ni minus illa dies. Inter tam veteres ludat lasciva patronos et nomen blaeso garriat ore meum. Mollia non rigidus caespes tegat ossa nec illi, terra, gravis fueris : non fuit illa tibi. TRADUZIONI A CONFRONTO TRADUZIONE 1 A te, babbo Frontone, a te, mamma Flaccilla, io pienamente affido questa povera bimba, oggetto dei miei baci e delle gioie mie. Cara piccina! Ch'ella non provi terrore delle Ombre, né delle orrende fauci di Cerbero infernale. Avrebbe ora compiuto il suo sesto gelido inverno, s'ella fosse vissuta altri sei giorni ancora. Oh! Fra i suoi buoni vecchi che ella giochi e ripeta i capricci, e il mio nome balbetti c...

I complici di Catilina, Sallustio, 14 I seguaci di Catilina

I complici di Catilina  TESTO LATINO  - S allustio, De coniuratione Catilinae, 14. In tanta tamque corrupta civitate Catilina, id quod factu facillimum erat , omnium flagitiorum atque facinorum circum se tamquam stipatorum catervas habebat . Nam quicumque impudicus adulter ganeo manu ventre pene bona patria laceraverat , quique alienum aes grande conflaverat , quo flagitium aut facinus redimeret , praeterea omnes undique parricidae sacrilegi convicti iudiciis aut pro factis iudicium timentes , ad hoc quos manus atque lingua periurio aut sanguine civili alebat , postremo omnes quos flagitium egestas conscius animus exagitabat , ii Catilinae proximi familiaresque erant . Quod si quis etiam a culpa vacuus in amicitiam eius inciderat , cotidiano usu atque illecebris facile par similisque ceteris efficiebatur . Sed maxime adulescentium familiaritates appetebat : eorum animi molles etiam et [aetate] fluxi dolis haud difficulter capiebantur . Nam ut cuiusque studium ex aetate f...

LATINO Seneca, “Epistulae morales ad Lucilium”, Epistula 95

VITA E OPERE Lucio Anneo Seneca (Cordova, 4 a.C. – Roma, 65) apparteneva a una ricca famiglia equestre spagnola ed era figlio del famoso Seneca il Retore. Da giovane, fu portato a Roma dalla zia materna; e ricevette un’ottima educazione letteraria e storica, completata con studi di retorica e di filosofia: i suoi maestri furono: -          Sozione di Alessandria, vicino alla scuola stoico-pitagorica dei Sestii -          lo stoico Attalo, cultore di scienze naturalistiche -          Papirio Fabiano. Intorno al 26 d.C. si recò in Egitto per motivi di salute, con suo zio, il prefetto Gaio Valerio. Le sue condizioni di salute migliorarono, anche grazie alle cure della zia materna . Tornato a Roma, intorno al 33-34 d.C., ottenne la questura, il primo grado del cursus honorum ; si dedicò all'attività oratoria, ottenendo fama e successo. Scrisse la Consolatio ad...