Quoniam nil inde abradere possunt, nec penetrare et abire in corpus corpore toto (Lucrezio)
TESTO LATINO
"Denique cum membris collatis flore fruuntur
aetatis, iam cum praesagit gaudia corpus
atque in eost Venus ut muliebria conserat arva,
adfigunt avide corpus iunguntque salivas
oris et inspirant pressantes dentibus ora,
nequiquam, quoniam nil inde abradere possunt
nec penetrare et abire in corpus corpore toto;
nam facere interdum velle et certare videntur:
usque adeo cupide in Veneris compagibus haerent,
membra voluptatis dum vi labefacta quiescunt."
TRADUZIONE IN ITALIANO
"E quando, unite le membra, usano infine del fiore
dell'età, quando già sente il corpo arrivare il godimento,
ed è giunta Venere al punto d'irrorare il femmineo campo,
bramosamente schiacciano il corpo, mischiano le salive
della bocca, respirano premendo coi denti le bocche
invano, poiché nulla da lì potranno raschiare,
né penetrare e sparire, tutto il corpo nel corpo;
perché questo a volte sembrano volere, e lottare.
Così bramosamente stanno avvinghiati nell'unione dell'amore,
fino a quando si rilassano le membra, spossate dalla forza
del piacere.
TRADUZIONE ALTERNATIVA
Con le membra unite, godono questo fiore di
giovinezza,
già il loro corpo presente l'imminente passione.
Venere semina il campo della donna, stringono
avidamente
il corpo dell'amante, mescolano la saliva alla sua,
ne respirano l'alito, i denti incollati contro la sua
bocca:
sforzi vani, poiché non possono prendere nulla dal
corpo
che abbracciano, ma solo penetrarvi e fondervici
interamente.
E questo a momenti sembrano voler fare; questo
l'oggetto
della lotta, tanta passione mettono nello stringere i legami
di
Venere, quando le loro membra si fondono, estasiati
dal piacere.
Lucrezio, De rerum natura, libro IV, vv. 1105-1114
In questo brano Lucrezio parla del modo in cui la passione amorosa sconvolge profondamente l'uomo e, di conseguenza, ammonisce il lettore a starne alla larga, in quanto fuorviante e distruttivo.
Questo brano del De rerum natura di Lucrezio esplora il tema dell’amore e della passione umana con una vivida descrizione poetica. Lucrezio, seguendo i precetti della filosofia epicurea, cerca di spiegare i fenomeni naturali e umani attraverso la lente della scienza e della ragione, ma non rinuncia a una rappresentazione intensa e sensuale delle emozioni umane.
Lucrezio descrive l’unione fisica tra due amanti come un momento di intensa passione e desiderio. Le immagini di corpi che si fondono e si mescolano evocano un senso di fusione totale, quasi a voler superare i limiti fisici dell’individualità.
Venere, la dea dell’amore, viene rappresentata nel passo come la forza che semina il desiderio e la passione. Questo richiama l’idea epicurea che gli dei, pur essendo distanti e indifferenti dalle vicende umane, influenzano indirettamente il mondo umano.
Nonostante l’intensità dell’unione, alla fine prevale il senso di frustrazione e insoddisfazione. Gli amanti cercano di fondersi completamente nel corso dell'amplesso amoroso, ma questo desiderio rimane inappagato. Questo riflette la visione epicurea della natura del desiderio umano: un continuo cercare senza mai raggiungere una soddisfazione completa.
La “lotta” per l’unione completa e la “voluttà” (la "voluptas", il desiderio, il piacere) che ne deriva sono descritte con un linguaggio potente e sensuale. Questo sottolinea la forza irresistibile del desiderio e la sua capacità di dominare gli esseri umani.
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