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Visualizzazione dei post da febbraio, 2025

Afrodite, Cupido e Anteros: l'importanza dell'amore corrisposto e della crescita personale

 Afrodite si trovava in preda alla disperazione, confidando a Temi il suo sconforto nel vedere che suo figlio Cupido rimaneva sempre bambino. La saggia Temi le spiegò che il dio dell'amore non avrebbe mai raggiunto la maturità senza conoscere l'amore di un fratello. Così Afrodite e Ares diedero vita ad Anteros. I due fratelli diventarono inseparabili, e Cupido iniziò a crescere. Cupido continuò a scagliare le sue frecce per accendere la passione e promuovere la ricerca della bellezza, mentre Anteros proteggeva l'amore corrisposto. Ma quando Anteros si allontanava, Cupido tornava bambino. Perché l'amore, per crescere, ha bisogno di reciprocità, consapevolezza e un cammino comune.

Il daimon di Eraclito

 Eraclito, filosofo dell'antica Grecia, ha introdotto un concetto interessante che ha influenzato la frase latina "Faber est suae quisque fortunae," che significa "Ognuno è artefice del proprio destino". Questo motto, diventato ormai proverbiale, sottolinea la responsabilità individuale nel determinare il proprio destino. Un altro aspetto affascinante del pensiero eracliteo è l'uso del termine "daimon". Questo termine può essere tradotto come "genio" o "indole" e nella cultura greca aveva molte sfumature di significato, spesso legate al divino. Secondo Eraclito, il "daimon" individuale, che risiede nell'indole di ciascuno, guida le persone nelle scelte che determinano il loro percorso di vita. In altre parole, per Eraclito, il "daimon" è quella forza interiore e divina che influenza e orienta le decisioni e il destino dell'uomo, indicando che ciascuno ha una guida spirituale che lo accompagna nel suo ...

Paolo e Francesca

 Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse; soli eravamo e sanza alcun sospetto. Per più fïate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso; ma solo un punto fu quel che ci vinse. Quando leggemmo il disïato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante. Mentre che l’uno spirto questo disse, l’altro piangëa; sì che di pietade io venni men così com’io morisse. E caddi come corpo morto cade. Dante Alighieri - Divina Commedia - Inferno (Canto V)