Ὕψος – L’elevazione dello spirito
Il termine greco ὕψος, tradotto come “elevatezza” o “sublimità”, evoca un’esperienza interiore potente e travolgente. Non si tratta semplicemente di grandezza visibile, ma di un impatto emotivo profondo che ci coglie di sorpresa quando siamo di fronte a eventi – fisici o spirituali – che trascendono i confini del quotidiano. In quei momenti, l’animo vibra al ritmo di ciò che è grandioso, vertiginoso, artisticamente eccelso.
Un viaggio storico tra idealismo e romanticismo
Nel tardo Settecento e Ottocento, il concetto di sublime trova terreno fertile in due correnti fondamentali: l’Idealismo filosofico e il Romanticismo artistico. Con lo Sturm und Drang nasce un connubio appassionato: il sublime e il romantico si fondono nella celebrazione della natura indomita, degli abissi dell’infinito e dell’emozione pura.
L’estetica e il sublime secondo i filosofi
L’estetica filosofica si appropria del sublime per esplorare la percezione soggettiva, specialmente in relazione all’arte. Edmund Burke, pioniere irlandese, distingue il sublime dal bello: il primo ci turba e affascina, il secondo ci rallegra e rassicura. In seguito, Immanuel Kant amplia la riflessione nella Critica del giudizio, introducendo due categorie:
- Sublime dinamico – legato a fenomeni naturali violenti e inarrestabili (tempeste, vulcani).
- Sublime matematico – generato dall’idea dell’incommensurabile, che provoca un senso di vertigine esistenziale (un pensiero che si riflette poeticamente nell’“Infinito” di Leopardi).
Alle origini: il “Perì Hýpsous”
Tra i più antichi trattati sull’estetica, il greco Περὶ ὕψους (“Del Sublime”), attribuito a un autore ignoto noto come Pseudo-Longino, risale al I secolo d.C. Qui il sublime è concepito come uno stile retorico elevato, capace di scuotere e trascinare chi ascolta.
Ecco le parole che ci spiegano la sua forza:
"...εἰς ἔκπληξιν ἄγει τὸ ὕψος, καὶ πρὸς τούτοις τῷ λόγῳ δύναμιν ἀκαταμάχητον καὶ κράτος προστίθησιν."
“…il sublime provoca sbigottimento, e conferisce al discorso una potenza irresistibile e una forza travolgente.”
E ancora:
“ὕψος μεγαλοφροσύνης ἀπήχημα” –
Il sublime è l’eco della grandezza d’animo.
L’emozione come fulcro
Ciò che emerge con forza da questo antico trattato è che il sublime non risiede nell’opera in sé, ma nell’effetto che essa produce nel soggetto. Una visione sorprendentemente moderna, dove l’esperienza individuale si fa protagonista nell’interpretazione dell’estetico.
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