Leonardo Fibonacci è riconosciuto come uno dei matematici più influenti di tutti i tempi. Le informazioni sulla sua vita sono frammentarie e spesso incerte, ricavate principalmente dai suoi scritti. Non si conoscono con precisione né la data di nascita né quella di morte, ma si ritiene che sia nato a Pisa intorno a settembre del 1170.
Il suo nome è indissolubilmente legato alla famosa successione di Fibonacci: una serie di numeri interi in cui ciascun termine è la somma dei due precedenti, partendo da (0), 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13... e così via. Una caratteristica affascinante di questa sequenza è che il rapporto tra numeri consecutivi tende rapidamente al valore 1,61803..., noto come sezione aurea o rapporto aureo. Questa proporzione ricorre in numerosi ambiti, dalla geometria alla chimica, fino alla biologia.
Fibonacci fu un pioniere nel coniugare la tradizione geometrica greca, in particolare gli "Elementi" di Euclide, con le tecniche di calcolo sviluppate dalla matematica araba e alessandrina. Studiò anche il "Liber embadorum", un testo algebrico dello studioso ebreo spagnolo Abraham ibn Ezra.
Liber abbaci
Nel 1202 pubblicò il _Liber abbaci_, che riscrisse nel 1228. Sebbene la seconda versione fu completata su richiesta del filosofo scozzese Michele Scoto, venne pubblicata solo postuma, come indicato nel testamento di Fibonacci. L’opera, articolata in quindici capitoli, introdusse in Europa le nove cifre "indiane" e il simbolo dello zero, chiamato "zephirus" in latino — derivato dall’arabo "sifr", a sua volta dal sanscrito "śūnya", che significa “vuoto”. Questo termine, passando per il veneziano "zevero", si trasformò nell’italiano “zero”.
Per dimostrare l’efficacia del nuovo sistema numerico, Fibonacci presentò una tabella comparativa tra numeri scritti secondo il metodo romano e quello indiano, illustrando così per la prima volta in Europa la numerazione posizionale indiana, già adottata dagli arabi.
All’epoca, in Occidente si utilizzavano i numeri romani e il sistema greco, con calcoli eseguiti tramite l’abaco. L’introduzione delle cifre arabe incontrò forti resistenze: nel 1280, Firenze ne vietò l’uso ai banchieri, temendo che lo zero potesse generare confusione o essere impiegato per trasmettere messaggi segreti. Da qui deriva l’espressione “messaggio cifrato”, poiché il termine “cifra” indicava proprio questo sistema numerico.
In realtà, alcuni studiosi europei conoscevano già le cifre arabe. Il primo caso documentato riguarda il monaco Gerberto, che divenne papa col nome di Silvestro II (999–1003). Egli cercò di introdurre il sistema in alcuni conventi dediti alla produzione di testi scientifici, ma la sua proposta rimase confinata a pochi ambienti.
La fortuna del Liber abbaci
La prima edizione del Liber abbaci del 1202 è andata perduta. Tuttavia, la versione del 1228 è giunta fino a noi e venne ristampata nel 1857 a Roma dalla Tipografia delle scienze matematiche e fisiche, grazie al lavoro di Baldassarre Boncompagni.
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