Opere retoriche e filosofiche di Cicerone
Le Opere Retoriche
La retorica è la teoria dell’eloquenza. Cicerone scrisse opere sulla retorica, ricche di riflessioni sull'eloquenza, grazie agli studi fatti in Grecia. Tali opere hanno latinizzato la retorica greca e hanno influenzato l’Occidente per secoli.Da giovane scrisse il trattato De inventione, parlando della prima parte dell’orazione, detta inventio, e affermando che un bravo oratore deve conoscere la filosofia (sapientia).
Poi scrisse il De oratore, un dialogo, in 3 libri, ambientato nella villa di Crasso. I due interlocutori sono Crasso (che afferma le tesi di Cicerone) e Marco Antonio, con altri personaggi minori. In particolare:
- Nel I libro sostiene che un bravo oratore deve avere una grande cultura, soprattutto filosofica, ed essere un vir bonus (uomo onesto) che usa la propria sapientia e la propria tecnica per aiutare i boni;
- Nei libri II e III illustra la suddivisione IN 5 PARTI dell'ars rhetorica:
- Inventio SCELTA DEGLI ARGOMENTI
- Dispositio ORDINE DEGLI ARGOMENTI
- Memoria MEMORIZZAZIONE DEL TESTO
- Elocutio ELABORAZIONE DEL DISCORSO
- Actio PRONUNCIA E GESTUALITÀ
Nelle Partitiones oratoriae (dialogo manualistico) spiega al figlio Marco le parti delle singole orazioni:
- exordium
- narratio
- argumentatio
- peroratio
- inventio
- dispositio
- elocutio
- memoria
- actio.
Nell'Orator afferma che un oratore, a seconda dell’argomento e del pubblico che deve affrontare, deve scegliere quale usare dei 3 stili possibili:
- esile o tenue
- medio o temperato
- elevato o sublime.
Inoltre, aggiunge che il fine di un'oratore è guadagnarsi il consenso del popolo e dei giudici, attraverso 3 strumenti:
- Probare o Fidem Facere = PERSUADERE
- Delectare = INTRATTENERE IL PUBBLICO
- Flectere o Animum Movere = EMOZIONARE
Il Brutus tratta la storia dell'eloquenza romana fino alle orazioni di Cicerone stesso: egli dapprima ha seguito l'asianesimo, poi man mano ha creato una retorica a tutto campo, ispirata a Demostene.
Nel De optimum genere oratorum elogia gli oratori greci Demostene e Eschine.
I Topica sono ispirati ai Topica di Aristotele e parlano dei luoghi comuni (tòpoi) che l’oratore può utilizzare nel comporre un'orazione.
Le opere filosofiche
Cicerone s'interessò alla filosofia per tutta la sua vita. Riteneva che avesse una funzione pratica e fondamentale per l’oratore e per il politico ideale. Inoltre, riteneva che fosse una maestra di vita e di moralità e un conforto per le sofferenze. Scrisse opere filosofiche solo nei periodi di lontananza dalla politica e per trovare conforto alle disgrazie familiari. della dittatura Scrivendo di filosofia, sperava di essere utile alla comunità, creando una letteratura filosofica in lingua latina, rielaborando la filosofia greca alla luce della cultura, della mentalità e delle problematiche della società romana. Quasi tutte le opere filosofiche di Cicerone sono dialoghi, ispirati più al modello aristotelico che platonico, dato che i personaggi di Cicerone fanno dei lunghi monologhi, determinando il metodo dosso-grafico in ogni opera vengono esposte e confutate le opinioni (in greco dóxai) delle scuole filosofiche epicuree, stoiche, accademiche. Cicerone desiderava diffondere a Roma la filosofia greca (aveva cioè un intento divulgativo).Eclettismo di Cicerone
Cicerone è eclettico in quanto accoglie singoli principi dalle varie scuole, soprattutto dallo stoicismo, anche se preferisce il probabilismo neoaccademico di Filone di Larissa e di Antioco di Ascalona, per i quali su molte questioni la conoscenza umana può solo individuare la tesi più probabile.Cicerone combatte l'epicureismo, la cui etica, fondata sul piacere inteso come ataraxía («imperturbabilità»), portava l’uomo a rifiutare l'impegno politico.
Il De republica, ispirato alla Repubblica (Politéia) di Platone, è un dialogo, in 6 libri, sullo Stato ideale, che vede come protagonisti Scipione Emiliano, Lelio e altri personaggi minori, ed è ambientato nella villa di Emiliano.
- Libro I: presenta la dottrina aristotelica delle tre forme di governo: monarchia, aristocrazia, democrazia; del loro degenerare rispettivamente in tirannide, oligarchia, demagogia (governo della massa) e del passaggio dall'una all'altra, nel caso in cui non venga instaurata la costituzione mista, che contiene il meglio delle tre forme. Tale costituzione sarebbe quella della repubblica romana, fondata sull'equilibrio tra i poteri di un’autorità suprema (i consoli), di un consiglio aristocratico (il senato) e di un’assemblea (i comizi);
- Libro II: contiene la storia della Costituzione romana;
- Libro III: giustizia nello Stato e rapporti con gli altri Paesi;
- Libri IV e V: si afferma che l’uomo politico ideale deve essere “princeps (primo cittadino), rector et gubernator rei publicae (“reggitore e governatore dello Stato”), capace di sacrificare i suoi interessi per il bene dello Stato;
- Libro VI: contiene il sogno di Scipione l’Emiliano (Somnium Scipionis): gli è apparso il nonno Scipione l’Africano per dirgli che sulla Terra tutto è futile e che nell'Aldilà gli uomini che si sono impegnati per il bene della patria avranno l’eterna beatitudine.
Il De Legibus è un dialogo tra Cicerone, suo fratello Quinto e l’amico Attico, ispirato all'opera Nòmoi (Le leggi) di Platone e ambientato nella villa di Cicerone. Ci sono giunti solo i primi 3 libri, mentre degli altri due abbiamo solo frammenti:
- Libro I: espone la teoria stoica per cui le leggi non sono convenzioni, ma sono naturali, in quanto tutti gli uomini sono dotati di ragione;
- Libri II e III: parlano delle leggi dello Stato ideale, usando come modello le leggi romane.
Quando dovette allontanarsi dalla politica e soprattutto quando morì la figlia Tullia, Cicerone sfruttò la filosofia come rifugio e consolazione e compose opere filosofiche sull'etica:
- Paradoxa stoicorum rappresenta il saggio stoico attraverso 7 paradossi;
- Hortensius, perduto, un protrettico (un invito alla filosofia);
- Academica, un dialogo sulla conoscenza, in cui Cicerone appoggia la dottrina probabilistica dei filosofi neoaccademici, secondo cui la verità esiste, ma non è sempre raggiungibile, ma si può solo individuare la dottrina più probabile.
Cicerone s’interessò alla filosofia morale, religiosa e politica.
I due dialoghi etici più lunghi sono:
1) il De finibus bonorum et malorum («I confini del bene e del male») in cui riporta le idee delle principali scuole filosofiche sul sommo bene; un dialogo in cinque libri:
- Libri I-II confuta la teoria epicurea secondo cui il sommo bene è il piacere
- Libri III-IV confuta la dottrina stoica, secondo cui il sommo bene è la virtù.
- Libro V illustra la teoria eclettica dell'accademico Antioco di Ascalona (maestro di Cicerone), che alla virtù accosta la fortuna e la salute;
- Libro I il disprezzo della morte (de contemnenda morte)
- Libro II la sopportazione del dolore (de tolerando dolore)
- Libro III come alleviare la tristezza (de aegritudine lenienda)
- Libro IV altre passioni (de reliquis animi perturbationibus)
- Libro V la virtù come condizione necessaria per raggiungere la felicità (ad beate viviendum virtutem se ipsa esse contentam).
Per Cicerone la filosofia ha una funzione pratica: vitae dux, virtutis indagatrix expultrixque vitiorum (ricercatrice della virtù e cacciatrice dei vizi).
I due dialoghi etici brevi sono:
- ll Cato Maior De senectute: ambientato nella villa di Catone il Censore che rappresenta il simbolo di una vecchia operosa in ambito politico e letterario, e spiega l’importanza e le gioie private (tra cui spicca la cura della campagna) dell’età avanzata;
- il Laelius De amicitia: l'amico Gaio Lelio parla dell’amicizia come amore e lealtà disinteressata tra due persone, contrastando la dottrina epicurea secondo cui l’amicizia avrebbe origine dalla ricerca di un utile reciproco.
Cicerone scrisse tre opere sulla religione:
- Il De natura deorum, dialogo in tre libri sulle differenti concezioni della divinità:
- quella epicurea = gli dèi vivono negli intermundia e non s’interessano agli uomini e al mondo;
- quella panteistica degli stoici = la divinità è il principio razionale che governa il mondo;
- il razionalismo scettico dei neoaccademici = non si sa se gli dèi esistono, ma la religione serve alla politica come strumento di governo.
- Il De fato, dialogo in cui confuta la dottrina provvidenzialistica degli stoici, per cui tutto è determinato dal destino (la ragione divina immanente nel mondo) e l'uomo non ha alcun libero arbitrio;
- Il De divinatione, dialogo in due libri tra Cicerone e il fratello Quinto:
- Quinto difende i riti divinatori usati per interpretare la volontà degli dèi e per prevedere il futuro;
- Cicerone, pur dicendo che tali riti non hanno alcun fondamento scientifico, ne sostiene l'utilità per il potere: infatti, dando una conferma divina alle decisioni politiche, bloccano eventuali ribellioni del popolo.
L'ultima opera filosofica di Cicerone è il De officiis («I doveri»): un trattato etico-politico in tre libri diretto al figlio Marco, in cui parla dei diversi doveri privati e pubblici del cittadino romano ideale: impegno in politica, la convenienza e il sapersi comportare nei rapporti con gli altri:
- Libro I honestum = cosa occorre moralmente fare
- Libro II = l'utile
- Libro III = conflitto tra honestum e utile, ma per Cicerone questo conflitto viene superato dal fatto che "è veramente utile solo ciò che è eticamente conveniente".
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