GLI ALBORI DELLA FILOSOFIA
Che significa filosofia?
La parola filosofia
deriva dal greco e significa letteralmente “amore del sapere”. Fu coniata in Grecia nel IV secolo a.C. Nel
mondo antico, i filosofi chiedevano che tipo di vita bisognava condurre per
ricercare e praticare il sapere. In Oriente e in Egitto i primi filosofi
elaborarono forme di sapere riguardanti gli astri, i calcoli, la cura dei
malati e le previsioni del futuro e conservarono questo sapere mediante la
scrittura su tavolette di argilla o su papiri. Sin dall'antichità ci si ci si
chiede se la filosofia sia nata in Grecia oppure presso altre civiltà,
come quella egiziana, quella persiana o forse quella indiana. Anche oggi ci si
chiede ancora dove realmente sia nata la filosofia. Sicuramente il sorgere
delle città, politicamente indipendenti tra di loro, in Grecia portò i
cittadini a confrontarsi riguardo tante idee, a riflettere ed è da questo che
probabilmente è stato elaborato il sapere. Un'altra grande differenza tra la
cultura greca e le altre culture antiche riguarda le credenze religiose.
Infatti, in Grecia non c'era un vero e proprio libro sacro, per cui i riti e i
miti riguardanti le divinità cambiavano da città a città. Ogni città, infatti,
aveva un proprio repertorio di miti circa le divinità e il loro rapporto con
gli uomini. Spesso anche i filosofi dell'antica Grecia, tra i quali Platone,
ricorrevano all'uso dei miti per spiegare concetti difficili delle loro
teorie filosofiche. Sfortunatamente, però, dei primi filosofi ci sono
arrivati solo pochi frammenti e nessun testo integrale, forse anche
perché all'inizio il sapere veniva tramandato solo oralmente. I frammenti dei
primi filosofi ci sono pervenuti grazie alle citazioni riportate dai filosofi
successivi, in particolare Aristotele. Aristotele definiva i primi filosofi
come fisiologi, cioè studiosi della natura. Il suo allievo Teofrasto li
definiva fisici (i cosiddetti Presocratici) perché si occupavano della natura
delle cose, cioè della generazione e della formazione delle cose. In
realtà, i primi filosofi erano indagatori del tutto, in quanto non si
occupavano solo della natura, ma anche della religione, della politica, dei
problemi della vita quotidiana. I primi filosofi venivano detti i Sette
Sapienti.
Dove nasce la filosofia?
La prima scuola di
filosofia nacque a Mileto (colonia greca sulle coste dell’Asia
Minore) in Ionia: in essa c’era una comunanza di idee e pensieri.
TALETE
Talete nacque e visse a Mileto
tra il VII e il VI secolo a.C. Progettò un canale per deviare un fiume dal suo
corso e farlo poi tornare nel suo alveo; predisse un’eclissi del Sole; era un
abile consigliere politico; dimostrò alcuni teoremi di geometria (Teoremi di
Talete) e risolse importanti questioni matematiche riguardo problemi di
calcolo e misurazione. Egli era considerato uno dei sapienti universali,
ma di lui Platone ci racconta anche che un giorno, per contemplare il cielo,
cadde in un pozzo e fu deriso da una schiava della Tracia. Aristotele tramanda
che, grazie alle sue conoscenze astronomiche e meteorologiche, Talete predisse,
in pieno inverno, un abbondante raccolto di olive, prenotò l’utilizzo dei
frantoi a prezzo molto basso. Quando arrivò l’abbondante raccolto, tutti avevano
bisogno dei frantoi e Talete li affittò a prezzi molto alti, e così si arricchì.
Talete sostenne la tesi secondo cui principio primo di tutte le cose (archè)
è l'acqua. L'acqua infatti è importante per la vita e la riproduzione;
il mare era fondamentale per i greci per il commercio e lo scambio con le
colonie greche; i fiumi in Egitto e Mesopotamia avevano permesso lo sviluppo
delle prime civiltà; secondo i miti di Omero Oceano e Teti erano i progenitori
del mondo; ecc.
ANASSIMANDO
Anche Anassimandro
nacque a Mileto e probabilmente fu alunno di Talete. Anassimandro fu il
primo a scrivere un'opera in prosa intitolata successivamente Sulla
Natura. Anassimandro fu il primo a disegnare una carta geografica del mondo
allora conosciuto ed ad introdurre l'orologio solare. Secondo Anassimandro, il
principio primo non è un elemento naturale, ma l'infinito, l’apeiron (letteralmente significa “privo di limiti”). Per Anassimandro al centro
dell'universo c'è la terra, cilindrica, mentre l’àpeiron si trova alla
periferia dell'universo sferico e genera tutte le cose, cominciando dai contrari:
il caldo e il freddo, il secco e l'umido, e così via. Secondo Anassimandro ogni
cosa è caratterizzata dal limite e ciascuna è limite rispetto alle altre cose.
Ogni cosa limita il suo opposto (limitazione reciproca) e questa ingiustizia
viene espiata con la propria distruzione: da qui il nascere e il perire delle
cose.
ANASSIMENE
Anche Anassimene
nacque a Mileto e scrisse un'opera in prosa intitolata Sulla Natura.
Anassimene Pensa che il principio primo di tutte le cose sia l'aria
perché essa è fondamentale per i fenomeni della vita. secondo Anassimene tutte
le cose si sono formate dall'aria attraverso i processi di evaporazione,
condensazione e rarefazione e secondo lui le diverse cose sono date
da diversi gradi di densità dell'aria.
ERACLITO
Eraclito visse a Efeso.
Lasciò il suo libro, in prosa, intitolato poi Sulla Natura, nel tempio
di Artemide perché riteneva che tale tempio fosse l'unico luogo adatto ad
accogliere il suo scritto e per di più pensava che ciò che aveva scritto non
poteva essere compreso dalla maggior parte degli uomini. Infatti, non solo il
contenuto dell’opera è complicato da capire, ma anche il linguaggio e la la
forma che gli adottò sono difficili. Eraclito, pertanto, già nell’antichità fu
definito il pensatore oscuro. Anche Aristotele diceva di non capire se,
nello scritto di Eraclito, alcune espressioni si collegassero a quanto detto
precedentemente o a quanto detto in seguito. In realtà, spesso Eraclito
ricorreva intenzionalmente alla ambivalenza dei significati dei
termini greci rendendo difficile comprendere il vero significato di alcuni
suoi frammenti. Nel libro Eraclito comincia col parlare del Logos che
può significare “discorso”, “ragione”, ma anche “logos cosmico”. Per Eraclito
tutto è in continua trasformazione, nulla rimane fermo, nulla rimane lo stesso
ed il mondo è un ordine universale, unico ed eterno, che viene identificato da lui
con il fuoco sempre vivente. Questa mobilità del tutto, però, non è
casuale o disordinata, ma è regolata da ritmi precisi, perché non c'è solo la
successione di un opposto all'altro (giorno e notte, vita e morte), ma
piuttosto c'è un'armonia superiore che consiste nell’unità e identità
degli opposti in perenne guerra tra di loro (guerra degli opposti).
PITAGORA
SENOFANE
Senofane di Colofone andò
itinerando per varie città (Sicilia e Sud Italia, tra cui Elea nel Cilento),
compose vari scritti in cui criticava l’antropomorfismo religioso di
Omero ed Esiodo, cioè la rappresentazione degli dei come uomini, dipingendoli spesso
pieni di difetti, dimostrando come in ogni popolazione gli dei venivano
rappresentati fisicamente simili a loro (bianchi, neri, ecc.), ed arrivando ad
affermare "se i cavalli avessero mani e potessero con le loro mani, i
cavalli disegnerebbero figure di dei simili ai cavalli, e farebbero corpi
foggiati così come ciascuno di loro è foggiato". Egli però non nega la
divinità, ma afferma che la divinità esercita tutte le funzioni e controlla
tutte le cose. Invece, il sapere umano è limitato, non si può mai arrivare alla
certezza totale, ma si deve ricercare sempre per arrivare al sapere attraverso
una lenta acquisizione.
PARMENIDE E ZENONE
Parmenide fu attivo ad Elea,
una colonia greca situata nel Cilento. Egli fondò la scuola eleatica,
un'associazione medico-religiosa legata al culto del dio Apollo. Scrisse un
poema in versi (esametri) intitolato poi Sulla Natura del quale ci
restano alcuni frammenti. Il protagonista dell'Opera è lo stesso Parmenide che
racconta in prima persona di un viaggio, un percorso di formazione e di
conoscenza, di arricchimento culturale, sotto la guida della divinità. La dea
gli indica il percorso da percorrere e soprattutto la via da non percorrere,
cioè quella che viene solitamente percorsa dagli uomini. La dea gli dice di
cominciare dalla ricerca di ciò che può essere detto e pensato, in
contrapposizione a ciò che invece non può esserlo. Quindi, Parmenide parte
dalla disgiunzione disgiunzione “è” VS “non è”. Si può pensare e dire solo ciò
che è assolutamente distinto da ciò che non è. Invece, i comuni mortali seguono
invece la via delle opinioni (Doxa) e mescolano “è” e “non è”, perché
parlano di nascere e morire delle cose ma nascita e morte significano
mescolare “ciò che è” e “ciò che non è” perché:
- -
nascere
vuol dire essere, ma presuppone di non essere prima di essere;
- -
morire
vuol dire non essere, ma significa anche essere prima di non essere.
Per Parmenide gli
uomini sbagliano perché usano parole che mescolano l’essere e il non essere. l'essere
non nasce e non muore, ma è immutabile, immobile, indivisibile e uno.
Parmenide dice che l'essere è come una sfera compatta, cioè caratterizzato da compiutezza
e totalità. Parmenide nega, quindi, il movimento e la molteplicità.
La verità (Aletheia) può essere colta solo con la ragione e con
la deduzione logica, non con i sensi, perché i sensi sono ingannevoli. Il suo
discepolo prediletto, Zenone, scrisse un’opera in prosa per difendere il
sapere del maestro circa l’immutabilità dell’Essere e la conseguente
contraddittorietà delle nozioni di divenire e di movimento. Lo fece attraverso
le sue DIMOSTRAZIONI PER ASSURDO e il REGRESSO ALL’INFINITO, applicato in
relazione alla divisibilità delle grandezze (spazio e tempo). Zenone costruì
una serie di PARADOSSI (proposizioni contrarie all’opinione comune):
1.
Lo
Stadio. Supponiamo per comodità che il percorso da fare per andare da
un’estremità all’altra di uno stadio sia interamente rettilineo.
Dimostriamo che non si potrà mai arrivare a destinazione. Infatti, per poter
giungere a destinazione, si deve prima coprire 1/2 della distanza totale. Ma
per arrivare a metà della distanza, si dovrà prima percorrere la metà di questa
metà, cioè 1/4 della distanza totale. E prima ancora 1/8, 1/16 e così via. Il viaggio
non potrà dunque neanche iniziare: non c’è una prima distanza che si possa
coprire per incominciare, perché se vi fosse, potrebbe essere a sua volta
dimezzata, e dunque non sarebbe la prima.
2.
Achille e la Tartaruga. Achille "Piè
veloce" sfida una lenta tartaruga a una gara corsa. Achille corre dieci
volte più velocemente della tartaruga, quindi le dà 10 m di vantaggio. Quando
Achille ha percorso 10 m, la tartaruga è ancora avanti di 1 m. Quando Achille
ha percorso 1 m in più, la tartaruga è ancora avanti di 0.1 m. Quindi Achille
non raggiungerà mai la tartaruga!
3.
La freccia. Supponiamo che un arciere scagli una
freccia verso un bersaglio. In ciascun istante del suo tragitto, la freccia è
in quiete. Ma può un corpo che è in quiete durante ciascun istante di un certo
intervallo di tempo muoversi durante lo stesso intervallo di tempo? No, dunque
la freccia, a dispetto delle apparenze, non si muove.
4.
Due masse nello stadio. Due corridori, A
e B, corrono in senso opposto: A avrà, quindi, la sensazione di spostarsi molto
più velocemente di come accade nella realtà, e cioè di una velocità pari alla
sua sommata a quella del corridore B; lo stesso accade a B. L’osservatore C,
invece, è fermo, e riesce a percepire la velocità reale dei due corridori.
Zenone afferma che se due masse in uno stadio si vengono incontro, risulterà
l’assurdo logico che la metà del tempo equivale al doppio.
EMPEDOCLE
Influenzato dal
pitagorismo e dall’orfismo, Empedocle nativo di Agrigento, fu un
sapiente, un guaritore, un mago e un abile oratore. Empedocle scrisse un’opera
in esametri intitolata Sulla Natura o Purificazioni.
Si presentava come
annunciatore della verità e si dedicava all’osservazione e alla riflessione
circa il mondo. Per Empedocle gli uomini sbagliano a parlare di nascere e
morire delle cose perché dietro questi eventi in realtà rimangono costanti
e indistruttibili le radici che fa corrispondere ai 4 elementi: terra,
acqua, aria e fuoco. Secondo lui tutto ciò che ci circonda è dato dalla
mescolanza delle 4 Radici in diverse proporzioni.
Empedocle è
lontano dall’eleatismo perché ritiene che:
- -
le
radici siano suscettibili di movimento
- -
il
dominio di ciò che è sia molteplice.
Per Empedocle
esistono due forze capaci di fare aggregare tra di loro e disgregare le 4
radici, causando il nascere e il perire delle cose (uomini
compresi). Queste forze sono l'amore e l'odio le quali operano
sia sull'universo nella sua totalità sia su ciascuna delle cose che popolano
l'universo.
Quando l'amore
prevale sull'odio sia una situazione di pace simile a una sfera compatta priva
di scissioni invece quando è l'olio a prevalere sia una scissione tra le
quattro radici e il caos. Ha dunque una visione ciclica delle aggregazioni e
disgregazioni.
Condivide con il
pitagorismo e l'orfismo l'idea della trasmigrazione delle anime.
Infatti, secondo lui, l'anima originariamente è un demone o un Dio. Spinta
dall'Odio commette colpe e quindi deve compiere un lungo viaggio (che dura millenni),
trasmigrando attraverso vari corpi di viventi. Di conseguenza anche Empedocle a
favore del vegetarianismo perché afferma che uccidere animali e nutrirsi delle
loro carni equivale a commettere cannibalismo perché ogni essere vivente ha
un'anima che sta compiendo il suo ciclo di reincarnazioni.
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