Passa ai contenuti principali

Cesare - De Bello Gallico - Liber I - 11


[11] Helvetii iam per angustias et fines Sequanorum suas copias traduxerant et in Haeduorum fines pervenerant eorumque agros 
populabantur. Haedui, cum se suaque ab iis defendere non possent, legatos ad Caesarem mittunt rogatum auxilium: ita se omni tempore de populo Romano meritos esse ut paene in conspectu exercitus nostri agri vastari, liberi [eorum] in servitutem abduci, oppida expugnari non debuerint. Eodem tempore quo Haedui Ambarri, necessarii et consanguinei Haeduorum, Caesarem certiorem faciunt sese depopulatis agris non facile ab oppidis vim hostium prohibere. Item Allobroges, qui trans Rhodanum vicos possessionesque habebant, fuga se ad Caesarem recipiunt et demonstrant sibi praeter agri solum nihil esse reliqui. Quibus rebus adductus Caesar non expectandum sibi statuit dum, omnibus fortunis sociorum consumptis, in Santonos Helvetii pervenirent 

11
Già gli Elvezi avevano fatto passare le loro truppe attraverso i passi stretti e i confini dei Sequani ed erano giunti nel paese degli Edui e saccheggiavano i loro campi. Gli Edui, non potendo difendere da quelli se stessi e le loro cose, mandano inviati a Cesare a domandare aiuto (dicendo): Essi avevano sempre avuto molti meriti verso il popolo romano che i loro campi non avrebbero dovuto essere devastati, i figli essere condotti in schiavitù, le città essere espugnate quasi sotto gli occhi del nostro esercito. Nel medesimo tempo gli edui Ambarri, amici e congiunti degli Edui, informano Cesare (che) essi, essendo stati devastati i loro campi, non respingevano facilmente dalle città gli assalti dei nemici. Parimenti gli Allobrogi, che avevano villaggi e possedimenti al di là del Rodano, si ricoverano presso Cesare con la fuga ed espongono che nulla era rimasto loro, se non il suolo del territorio. Spinto da tali cose, Cesare stabilì che non doveva attendere che, essendo stati consumati tutti gli averi degli alleati, gli Elvezii giungessero ai Santoni.

Commenti

Post popolari in questo blog

MARZIALE, Per la morte della piccola Eròtion

TRADUZIONE CONTRASTIVA: MARZIALE, Per la morte della piccola Eròtion Epigramma V, 34 Hanc tibi, Fronto pater, genetrix Flaccilla, puellam oscula commendo deliciasque meas, parvola ne nigras horrescat Erotion umbras oraque Tartarei prodigiosa canis. Impletura fuit sextae modo frigora brumae, vixisset totidem ni minus illa dies. Inter tam veteres ludat lasciva patronos et nomen blaeso garriat ore meum. Mollia non rigidus caespes tegat ossa nec illi, terra, gravis fueris : non fuit illa tibi. TRADUZIONI A CONFRONTO TRADUZIONE 1 A te, babbo Frontone, a te, mamma Flaccilla, io pienamente affido questa povera bimba, oggetto dei miei baci e delle gioie mie. Cara piccina! Ch'ella non provi terrore delle Ombre, né delle orrende fauci di Cerbero infernale. Avrebbe ora compiuto il suo sesto gelido inverno, s'ella fosse vissuta altri sei giorni ancora. Oh! Fra i suoi buoni vecchi che ella giochi e ripeta i capricci, e il mio nome balbetti c...

I complici di Catilina, Sallustio, 14 I seguaci di Catilina

I complici di Catilina  TESTO LATINO  - S allustio, De coniuratione Catilinae, 14. In tanta tamque corrupta civitate Catilina, id quod factu facillimum erat , omnium flagitiorum atque facinorum circum se tamquam stipatorum catervas habebat . Nam quicumque impudicus adulter ganeo manu ventre pene bona patria laceraverat , quique alienum aes grande conflaverat , quo flagitium aut facinus redimeret , praeterea omnes undique parricidae sacrilegi convicti iudiciis aut pro factis iudicium timentes , ad hoc quos manus atque lingua periurio aut sanguine civili alebat , postremo omnes quos flagitium egestas conscius animus exagitabat , ii Catilinae proximi familiaresque erant . Quod si quis etiam a culpa vacuus in amicitiam eius inciderat , cotidiano usu atque illecebris facile par similisque ceteris efficiebatur . Sed maxime adulescentium familiaritates appetebat : eorum animi molles etiam et [aetate] fluxi dolis haud difficulter capiebantur . Nam ut cuiusque studium ex aetate f...

LATINO Seneca, “Epistulae morales ad Lucilium”, Epistula 95

VITA E OPERE Lucio Anneo Seneca (Cordova, 4 a.C. – Roma, 65) apparteneva a una ricca famiglia equestre spagnola ed era figlio del famoso Seneca il Retore. Da giovane, fu portato a Roma dalla zia materna; e ricevette un’ottima educazione letteraria e storica, completata con studi di retorica e di filosofia: i suoi maestri furono: -          Sozione di Alessandria, vicino alla scuola stoico-pitagorica dei Sestii -          lo stoico Attalo, cultore di scienze naturalistiche -          Papirio Fabiano. Intorno al 26 d.C. si recò in Egitto per motivi di salute, con suo zio, il prefetto Gaio Valerio. Le sue condizioni di salute migliorarono, anche grazie alle cure della zia materna . Tornato a Roma, intorno al 33-34 d.C., ottenne la questura, il primo grado del cursus honorum ; si dedicò all'attività oratoria, ottenendo fama e successo. Scrisse la Consolatio ad...