Amor enim, ex quo amicitia nominata est, princeps est ad benevolentiam coniungendam. Nam utilitates quidem etiam ab eis percipiuntur saepe, qui simulatione amicitiae coluntur et observantur temporis causa. In amicitia autem nihil fictum est, nihil simulatum et, quidquid est, id est verum et voluntarium.Quapropter a natura mihi videtur potius quam ab indigentia orta amicitia, applicatione magis animi cum quodam sensu amandi, quam cogitatione quantum illa res utilitatis esset habitura. Quod quidem quale sit, etiam in bestiis quibusdam animadverti potest, quae ex se natos ita amant ad quoddam tempus et ab iis ita amantur, ut facile earum sensus appareat. Quod in homine multo est evidentius, primum ex ea caritate, quae est inter natos et parentes, quae dirimi nisi detestabili scelere non potest, deinde, cum similis sensus extitit amoris, si aliquem nacti sumus, cuius cum moribus et natura congruamus, quod in eo quasi lumen aliquod probitatis et virtutis perspicere videamur. Nihil est enim virtute amabilius, nihil quod magis adliciat ad diligendum, quippe cum propter virtutem et probitatem etiam eos, quos numquam vidimus, quodam modo diligamus".
Il Laelius de amicitia è un dialogo filosofico composto da Cicerone nel 44 a.C., in un momento di profonda crisi personale e politica, poco prima della sua morte.
Il testo, ambientato nel 129 a.C. e dedicato all’amico Attico, presenta un confronto tra Gaio Lelio e Scipione Emiliano sull’essenza dell’amicizia.
Cicerone sceglie il sermo cotidianus, un linguaggio semplice e accessibile, per coinvolgere anche lettori non specialisti. La struttura argomentativa, pur articolata, è guidata da una rete efficace di connettivi logici che riflettono l’impegno a coniugare rigore e chiarezza.
La doppia natura dell’amicizia
Nella filosofia greca, l’amicizia è un legame intimo, basato sull’affinità elettiva e la condivisione della vita morale, vissuto per lo più in ambito privato. Cicerone ne raccoglie l’eredità, ma la rielabora secondo la sensibilità romana, conferendole una duplice dimensione: da un lato, ne custodisce la sfera affettiva e individuale, condizione essenziale della sua autenticità; dall’altro, la eleva a vincolo civile e politico, in grado di rafforzare l’etica collettiva e contribuire all’armonia dello Stato.
I viri boni
Attraverso Lelio, Cicerone individua nella fides — fiducia reciproca e rispetto degli impegni — il fondamento dell’amicizia autentica, che si manifesta come benevolenza e affetto genuini. L’amicizia diventa così espressione del consensus omnium bonorum, un’unità d’intenti tra uomini virtuosi, che consolida la coesione della res publica. In quest’ottica, l’amicizia è un valore supremo, secondo solo alla sapienza.
Amicitia e amor
Il dialogo si apre con una riflessione sull’etimologia della parola amicitia, che deriva da amor — inteso dai Romani non come semplice amore romantico, ma come forza originaria, istintiva, più legata alla natura che all’utilità. L’amicizia autentica nasce da una disposizione spontanea del cuore, non da calcolo o convenienza.
Contro la simulatio
Cicerone contrappone l’amicizia vera alla finzione interessata. Lelio afferma: “In amicitia nihil fictum est, nihil simulatum...” L’amicizia è integrità vissuta: ogni tornaconto è, al massimo, un effetto collaterale, mai la causa del legame.
Il seme naturale dell’amicizia
“Natura potius quam indigentia...” — l’amicizia nasce dalla natura umana, non dal bisogno. In tal senso, anticipa l’idea dell’amore come dono: un atto gratuito, libero da aspettative.
Anche gli animali...
Cicerone osserva che perfino alcune bestie mostrano cura per i propri piccoli. È un richiamo all’etologia ante litteram: esiste una naturale inclinazione all’altro, che precede la razionalità e fonda biologicamente l’amicizia.
Le radici domestiche
“In homine... amor in liberos inest.” — L’amore tra genitori e figli rappresenta, secondo Cicerone, la prima forma di amicizia, un vincolo sacro e istintivo, che si riflette poi nei legami sociali.
L’attrazione della virtù
“Nihil est enim virtute amabilius...” — Nulla conquista il cuore quanto la virtù. È essa che ci spinge ad amare persino gli sconosciuti, riconoscendo in loro una comune integrità.
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