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Cicerone e l'esternazione della sofferenza umana

 Secondo Cicerone, solo certe volte è permesso all'uomo lamentarsi.

Nel secondo libro delle Tusculanae Disputationes, Cicerone affronta la questione del dolore e della sofferenza.

A parere suo, è necessaria una grande forza d'animo ("animi contentio", distensione della mente), prerequisito fondamentale e imprescindibile per ciascuno tipo di funzione o dovere (officium) a cui si aspira ma, soprattutto quando si tratta di dolore e sofferenza, l'Arpinate ritiene che un uomo dovrebbe sopportarli senza piangere né urlare.

A un uomo romano allora non è mai permesso urlare o gemere?

Sì, negli sport che servono per rendere più forte il colpo.

A un uomo è permesso talvolta lamentarsi, ma solo raramente; in realtà, per lui, non è permesso nemmeno a una donna urlare, perché un rumore assordante come un urlo è proibito, persino ai funerali.

Né un uomo saggio o coraggioso geme mai, a meno che non si sforzi di dare maggiore forza alla sua risoluzione.

E per quanto riguarda l'uomo moderno? 

Si tratta di passare dall'immagine stoica del "duro" a una nuova immagine che abbraccia i sentimenti, permettendo una verace espressione di sé e un benessere olistico, poiché le pressioni sociali per essere un vero stoico stanno cambiando (o almeno speriamo che sia così).

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