Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da dicembre, 2025

Cicerone e l'esternazione della sofferenza umana

 Secondo Cicerone, solo certe volte è permesso all'uomo lamentarsi. Nel secondo libro delle Tusculanae Disputationes, Cicerone affronta la questione del dolore e della sofferenza. A parere suo, è necessaria una grande forza d'animo ("animi contentio", distensione della mente), prerequisito fondamentale e imprescindibile per ciascuno tipo di funzione o dovere (officium) a cui si aspira ma, soprattutto quando si tratta di dolore e sofferenza, l'Arpinate ritiene che un uomo dovrebbe sopportarli senza piangere né urlare. A un uomo romano allora non è mai permesso urlare o gemere? Sì, negli sport che servono per rendere più forte il colpo. A un uomo è permesso talvolta lamentarsi, ma solo raramente; in realtà, per lui, non è permesso nemmeno a una donna urlare, perché un rumore assordante come un urlo è proibito, persino ai funerali. Né un uomo saggio o coraggioso geme mai, a meno che non si sforzi di dare maggiore forza alla sua risoluzione. E per quanto riguarda l...

La colorazione di Gram

 Hans Christian Joachim Gram (1853-1938) iniziò i suoi studi universitari in botanica presso l’Università di Copenaghen.  Solo in seguito si iscrisse alla Facoltà di Medicina, nel 1878, conseguendo la laurea nel 1883. Il metodo di colorazione che oggi porta il suo nome fu messo a punto mentre lavorava nell’obitorio dell’ospedale cittadino di Berlino, tra il 1883 e il 1884.  Gram non concepì inizialmente questa tecnica per classificare i batteri in gruppi differenti, ma soprattutto per renderli più facilmente visibili al microscopio.  Pubblicò la descrizione del metodo nel marzo 1884, appena quattro mesi dopo averlo elaborato, e nella breve comunicazione segnalò che il bacillo del tifo non tratteneva il colore. Che cosa aveva osservato esattamente?  Studiando campioni di tessuto polmonare di pazienti morti per polmonite, Gram si accorse che, seguendo una precisa sequenza di passaggi, alcuni coloranti venivano fissati in modo selettivo da certi tipi di batteri....

CUM E IL CONGIUNTIVO

  Cum e il Congiuntivo Il costrutto latino cum e il congiuntivo è formato dalla congiunzione CUM seguita da un verbo al congiuntivo introduce una proposizione subordinata circostanziale che può avere valore temporale (mentre, dopo), causale (poiché), concessivo (benché, sebbene, pur), avversativo (mentre/invece) e, più raramente, ipotetico (se) in rapporto di contemporaneità o anteriorità rispetto alla proposizione reggente. Questo costrutto viene comunemente chiamato " cum narrativo " perché viene utilizzato soprattutto nelle narrazioni ( Cum historicum ) con valore causale-temporale.   Valori del Cum Congiuntivo ·        Valore Temporale: Indica quando o mentre un'azione si svolge. Ad esempio, " cum filium salvum videat " significa "quando vede/vedendo il figlio salvo". ·        Valore Causale: Indica la causa di un'azione. Ad esempio, " cum filium salvum viderit " significa "poiché ha visto/avendo visto ...

Versione di Greco

TESTO GRECO Οἱ τῆς Ἑλλάδος στρατιώται πρὸς τοὺς βαρβάρους ἐν Πλαταιαῖς μάχεσθαι μέλλοντες, κατά τούσδε τοὺς όρκους ὠρκοῦντο· «Ου ποιήσομαι περί πλείονος τὸ ζῆν τῆς ἐλευθερίας. Ἐν τῇ μάχη οὐ φευξοῦμαι, ἀλλα ἐν τάξει ἀει μενῶ, ἀμυνούμενος τὴν ἐμαυτοῦ πατρίδα. Οὐδὲ ἐγκαταλείψω τοὺς ἡγεμόνας, οὔτε ζῶντας οὔτε ἀποθανόντας, ἀλλὰ τοὺς ἐν τῇ μάχῃ τελευτώντας τῶν συμμάχων ἅπαντας θάψω. Καὶ εἰ κρατήσω τῷ πολέμῳ τοὺς βαρβάρους, τῶν μὲν μαχομένων ὑπέρ τῆς Ἑλλάδος πόλεων οὐδεμίαν ἀνάστατον λεί-ψω, τὰς δὲ πόλεις αϊ μετὰ τῶν βαρβάρων ἦσαν απάσας δεκατεύσω. Καὶ τῶν ἱερῶν ὑπὸ τῶν βαρβάρων καταβαλλομένων οὐδὲν ἀνοικοδομήσω παντάπασιν, ἀλλὰ ὑπόμνημα τοῖς ἐπιγιγνομένοις εάσω καταλείπεσθαι τῆς τῶν βαρβάρων ἀσεβείας». TRADUZIONE I soldati della Grecia, essendo sul punto di combattere contro i barbari/ gli stranieri , giuravano secondo questi giuramenti: "Non stimerò di più ( Non terrò in maggior conto ) il vivere della (rispetto alla) libertà; nella battaglia non fuggirò, ma resterò sempre nello ...

Omero: due città

 - Ἐν δὲ δύω ποίησε πόλεις μερόπων ἀνθρώπων καλάς. ἐν τῇ μέν ῥα γάμοι τ' ἔσαν εἰλαπίναι τε, νύμφας δ' ἐκ θαλάμων δαΐδων ὕπο λαμπομενάων ἠγίνεον ἀνὰ ἄστυ, πολὺς δ' ὑμέναιος ὀρώρει· κοῦροι δ' ὀρχηστῆρες ἐδίνεον, ἐν δ' ἄρα τοῖσιν αὐλοὶ φόρμιγγές τε βοὴν ἔχον· αἳ δὲ γυναῖκες ἱστάμεναι θαύμαζον ἐπὶ προθύροισιν ἑκάστη. λαοὶ δ' εἰν ἀγορῇ ἔσαν ἀθρόοι· ἔνθα δὲ νεῖκος ὠρώρει, δύο δ' ἄνδρες ἐνείκεον εἵνεκα ποινῆς ἀνδρὸς ἀποφθιμένου· ὃ μὲν εὔχετο πάντ' ἀποδοῦναι δήμῳ πιφαύσκων, ὃ δ' ἀναίνετο μηδὲν ἑλέσθαι· ἄμφω δ' ἱέσθην ἐπὶ ἴστορι πεῖραρ ἑλέσθαι. λαοὶ δ' ἀμφοτέροισιν ἐπήπυον ἀμφὶς ἀρωγοί· κήρυκες δ' ἄρα λαὸν ἐρήτυον· οἳ δὲ γέροντες εἵατ' ἐπὶ ξεστοῖσι λίθοις ἱερῷ ἐνὶ κύκλῳ, σκῆπτρα δὲ κηρύκων ἐν χέρσ' ἔχον ἠεροφώνων· τοῖσιν ἔπειτ' ἤϊσσον, ἀμοιβηδὶς δὲ δίκαζον. κεῖτο δ' ἄρ' ἐν μέσσοισι δύω χρυσοῖο τάλαντα, τῷ δόμεν ὃς μετὰ τοῖσι δίκην ἰθύντατα εἴποι. - Τὴν δ' ἑτέρην πόλιν ἀμφὶ δύω στρατοὶ ἥατο λαῶν τεύχεσι λαμπόμενοι [...] Dent...

Seneca, De Ira, 3, 8.

 Seneca De Ira . Liber III . 8. Demus operam ne accipiamus iniuriam, quia ferre nescimus. Cum placidissimo et facillimo et minime anxio morosoque vivendum est; sumuntur a conversantibus mores et ut quaedam in contactos corporis vitia transiliunt, ita animus mala sua proximis tradit: ebriosus convictores in amorem meri traxit, inpudicorum coetus fortem quoque et silice natum virum emolliit, avaritia in proximos virus suum transtulit. . Eadem ex diverso ratio virtutum est, ut omne quod secum habent mitigent; nec tam valetudini profuit utilis regio et salubrius caelum quam animis parum firmis in turba meliore versari. . Quae res quantum possit intelleges, si videris feras quoque convictu nostro mansuescere nullique etiam immani bestiae vim suam permanere, si hominis contubernium diu passa est: retunditur omnis asperitas paulatimque inter placida dediscitur. Accedit huc quod non tantum exemplo melior fit qui cum quietis hominibus vivit, sed quod causas irascendi non invenit nec vitium ...

Lungamente travolto a Salmidesso

 Bruno Snell e Aloni attribuiscono il frammento del celebre epodo "Lungamente travolto a Salmidesso ad Archiloco, mentre il West lo ascriveva ad Ipponatte. Testo greco  [...]  κύμ[ατι] πλα[ζόμ]ενος κἀν Σαλμυδ[ησσ]ῶ̣ι̣ γυμνὸν εὐφρονέσ[τατα  Θρήϊκες ἀκρό[κ]ομοι λάβοιεν ‑ ἔνθα πόλλ' ἀναπλήσει κακὰ  δούλιον ἄρτον ἔδων ‑ ῥίγει πεπηγότ' αὐτόν· ἐκ δὲ τοῦ χνόου   φυκία πόλλ' ἐπέ̣χοι, κροτέοι δ' ὀδόντας, ὡς [κ]ύ̣ων ἐπὶ στόμα  κείμενος ἀκρασίηι ἄκρον παρὰ ῥηγμῖνι κυμαντῷ [ ˘ x]  ταῦτ' ἐθέλοιμ' ἂ̣ν ἰδεῖ̣ν, ὅς μ' ἠδίκησε, λ̣[ὰ]ξ δ' ἐπ' ὁρκίοις ἔβη,  τὸ πρὶν ἑταῖρος [ἐ]ών. *** Traduzione in italiano  <vv. 1-3> sbattuto dalle onde; e a Salmidesso, nudo, nel modo più benevolo, i Traci dalle alte chiome lo accolgano - e là si sazierà di molti mali, mangiando il cibo dello schiavo - irrigidito dal freddo, lui. Fuori dalla schiuma molte alghe vomiti, e batta i denti, e bocconi come un cane giaccia sfinito in cima alla battigia [...]. Questo vorrei p...

Dialogo tra Apollo ed Efesto

 Tra i Dialoghi degli Dei di Luciano, quello che vede protagonisti Apollo ed Efesto è probabilmente il più denso di ironia e sarcasmo. In esso si narrano le imprese del piccolo Ermes, ancora in fasce ma già astuto e scaltro, tratti che anticipano le qualità dell’Ermes adulto: il protettore dei viaggiatori e dei commercianti, nonché il ψυχοπομπός, guida delle anime nell’Ade. Il dialogo si sviluppa in un clima di pungente satira, volto a ridicolizzare miti e divinità ormai svuotati di valore e di credibilità. Questa ironia riflette il mutato contesto culturale di un’epoca in cui le antiche credenze pagane perdevano forza, mentre il Cristianesimo si andava progressivamente affermando e diffondendo. "Dialoghi  degli dei" di Luciano di Samosata  (Dialogo VII — Ἥφαιστος καὶ Ἀπόλλων) Ἥφαιστος Ἐγὼ μὲν, ὦ Ἀπόλλων, ἔτι τὴν ἔμπυρον ἐτύπτον, Io, o Apollo, stavo ancora battendo il metallo incandescente, ὁ δὲ μικρὸς Ἑρμῆς — ὃν ἡ Μαῖα νυνδὴ ἔτεκεν — οὐκ οἶσθ’ ὅσα παίζων δρᾷ. e il piccol...

Proserpina Igino

 Proserpina – Igino  Versione di Latino  Ceres cum  raptam a Plutone Proserpinam filiam diu quaessit, tandem aliquando eam esse apud inferos comperit, quia a Plutone, sive Orco, fratre Iovis, rapta fuerat. Pro qua re cum Iovis implorasset auxilium, ille respondit posse eam reverti, si nihil apud inferos gustasset.  Illa autem Punici mali in Elysio grana gustaverat: inde Proserpina ad superos remeare non potuit. Ceres postea meruisse dicitur ut Proserpina sex esset cum matre mensibus, sex cum marito. Traduzione        Cerere, avendo cercato a lungo la figlia Proserpina, rapita da Plutone, venne a conoscenza infine che ella si trovava presso gli Inferi, poiché era stata rapita da Plutone, o Orco, fratello di Giove.  Per questo motivo, avendo invocato l'aiuto di Giove, egli rispose che quella sarebbe potuta ritornare, se non avesse assaggiato niente presso gli Inferi. Ella, però, nei campi Elisi aveva assaggiato  i chicchi del melo pun...